Indietro
Ormoni e antibiotici? Non nella carne italiana!
Falsi miti
10/08/2023
3 min.
Falsi miti

Malgrado numerose smentite avvenute nel corso degli anni da parte di scienziati e autorità competenti, il mito della presenza di ormoni e antibiotici nella carne è duro a morire, e come diceva Einstein: “ è più facile scindere un atomo che spezzare un pregiudizio.” Ma vediamo perchè.

La realtà però è ben diversa: gli ormoni in Europa sono vietati da più di 40 anni

Rispetto all’utilizzo di sostanze ad attività ormonale, ad esempio, in Italia vige un assoluto divieto da più di 40 anni e, in tutta Europa, non è consentita l’importazione di carni trattate con ormoni della crescita dal lontano 1988. A conferma del totale rispetto di questo divieto, non è mai stato riscontrato un campione positivo a queste sostanze nelle decine di migliaia di analisi condotte dalle autorità competenti nel corso degli ultimi anni.

Gli antibiotici invece…
In Europa l’uso degli antibiotici è sottoposto a regole molto stringenti; infatti è ammesso l’uso degli  antibiotici solo per la cura degli animali e dietro prescrizione  medico veterinario, mentre  è vietato l’uso per scopi preventivi ( non terapeutici)  dal 2006.
Il mito però ha radici profonde: negli anni ‘50, si scoprì per caso un effetto positivo sulla crescita degli animali di bassi dosaggi di antibiotici addizionati ai mangimi, che portò a un utilizzo importante di questi farmaci nell’industria zootecnica.

Da allora però, a dispetto del falso mito diffusissimo ancora oggi, le cose sono molto cambiate e in Europa il consumo di antibiotici ad uso veterinario è sceso costantemente(1) anche grazie a un quadro normativo molto stringente e aggiornato, infatti  secondo le rilevazioni ESVAC 2022 in ITALIA la vendita di antibiotici nel periodo 2010- 2021 è  calato del  -59% , passando da 421,1 a 173,5  mg/pcu.
Nell’ultima revisione della normativa entrata in vigore a gennaio 2022(2), infatti, la comunità europea ha aggiunto alle restrizioni già in vigore anche il divieto di utilizzo di deteminate classi di antibiotici i cui principi  attivi  sono definite ad alto rischio per l’antibioitoco resistenza.
Inoltre possono essere utilizzati solo antibiotici precedentemente autorizzati dalle Autorità Sanitarie sulla base dell’efficacia, della sicurezza d’uso per gli animali e delle caratteristiche metaboliche, cioè del tempo necessario perché vengano “smaltiti” dall’animale.

Sicura e tracciata

La carne europea e in particolare quella italiana è tra le più sicure al mondo. Grazie alla presenza di oltre 4.500 veterinari pubblici,  al sistema della filiera integrata, a strumenti come la ricetta elettronica veterinaria è possibile tracciare interamente la vita degli animali e l’eventuale utilizzo di antibiotici laddove strettamente necessario (con specifica su tipologia, dosaggi, numero di trattamenti ecc.).

1. Third joint inter‐agency report on integrated analysis of consumption of antimicrobial agents and occurrence of antimicrobial resistance in bacteria from humans and food‐producing animals in the EU/EEA. (2021, June). EFSA Journal, 19(6). https://doi.org/10.2903/j.efsa.2021.6712

2. Regolamento UE 2019/6 del Parlamento Europeo e del Consiglio, (11 dicembre 2018). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019R0006
A cura di
Redazione
Leggi gli altri articoli
Indietro
Frollatura: cos’è e quali sono i suoi benefici
Senza categoria
11/07/2023
3 min.
Senza categoria

Vi è mai capitato, in macelleria o al supermercato, di vedere dei grossi pezzi di carne con una superficie secca e annerita? Ecco! Quella è carne “frollata”.   

Il trattamento di frollatura ha lo scopo di migliorare le caratteristiche organolettiche delle carni. Si tratta di un processo di “maturazione controllata” basato su una prolungata conservazione in particolari celle frigo, che consente ai naturali enzimi contenuti nella carne di effettuare la proteolisi del collagene e delle altre proteine muscolari, con effetti di miglioramento delle caratteristiche di tenerezza e sapore. Il trattamento di frollatura richiede tempi più lunghi e tecnologie specifiche rispetto alla produzione ordinaria, in grado di assicurare il controllo costante di alcuni parametri come temperatura, umidità e ventilazione delle celle di conservazione. 

Due strade per ottenere risultati simili  

Questo processo può avvenire a secco (dry-aging) o seguendo la tecnica “umida” (wet-aging).   

Il primo caso prevede che i tagli di carne vengano maturati per almeno 15 giorni prima della commercializzazione ad una temperatura compresa tra 0,5° e + 3 C°, in condizioni di bassa umidità e alta ventilazione. Questa tecnica è indicata per tagli con una consistente copertura di grasso e una buona marezzatura (distribuzione di grasso tra le fibre muscolari) ed è anche quella più usata e diffusa in Italia.  

Per tagli più magri invece è sicuramente preferibile la tecnica del wet-aging. Questo processo prevede che le carni siano confezionate sottovuoto e conservate in celle frigorifero tradizionali. Anche in questo caso il processo può durare circa 15 – 30 giorni. 

Carne tenera e ricca di gusto   

In tutti e due i casi il risultato è un marcato intenerimento della carne che risulta anche più succulenta e digeribile. 

Durante la maturazione inoltre, il rilascio di peptidi e amminoacidi favorisce lo sviluppo di aromi complessi e gradevoli che contribuiscono a rendere la carne frollata generalmente parecchio più saporita. Per questo motivo consigliamo a chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di prodotti di scegliere carni con un periodo di frollatura relativamente breve per abituarsi al suo gusto intenso.   

 Ma in totale sicurezza  

L’aspetto poco invitante della parte più esterna del taglio non deve spaventare. L’annerimento, che avviene nel dry-aging, è dovuto ad un mix di perdita di liquidi e ossidazione degli strati più esterni della carne ma basta eliminare un paio di millimetri per ritrovare un bellissimo colore rosso acceso.   

Secondo un recente parere dell’EFSA(1) (European Food Safety Administration) inoltre, consumare carne frollata non comporta alcun rischio e, dal punto di vista della sicurezza alimentare, questi prodotti non hanno nulla da invidiare alla carne fresca.   

1)EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K.,Allende A., Alvarez-Ord ó ñ ez A., Bover-Cid S., Chemaly M., De Cesare A., Herman L., Hilbert F., Lindqvist R.,Nauta M., Peixe L., Ru G., Simmons M., Skandamis P., Suffredini E., Blagojevic B., Van Damme I., Hempen M., Messens W. and Bolton D., 2023. (2023), Scientific Opinion on the Microbiological Safety of Aged Meat, EFSA Journal 2023; 21(1):7745, 101 pp.https://doi.org/10.2903/j.efsa.2023.7745
A cura di
Redazione
Indietro
Allevamento bovino: intensivo o estensivo?
Senza categoria
03/07/2023
3 min.
Senza categoria

La narrazione oggi alla moda, veicolata dai media più o meno social, ci consegna un giudizio manicheo sul tipo di allevamento animale: intensivo cattivo, estensivo buono. Dove per intensivi si intendono allevamenti con animali maltrattati, stipati su superfici inadatte e in luoghi malsani, mentre quelli estensivi, per converso, si raffigurano con gli animali al pascolo (generalmente vacche all’alpeggio in splendide giornate di sole estivo) che alla nostra antropocentrica lettura sembrano “felici”. Sintetizzando, queste suggestioni ci consegnano le posizioni pregiudiziali per cui intensivo uguale prigione, estensivo uguale libertà.

In realtà, non è sempre vero che l’animale allevato all’aperto stia meglio di uno allevato in stalla, dal momento che l’allevamento al pascolo non è esente da criticità. Al vantaggio del maggior spa-zio si contrappongono problematiche connesse alla biosicurezza e al minor controllo sull’animale che questo allevamento comporta.

Prendiamo un animale in natura: certamente nel corso della sua vita (che in genere è molto breve, perché la mortalità dei giovani soggetti è più alta) incontrerà la fame, la sete, le malattie e la predazione. E un terrore continuo di essere sbranato, fatto sicuro se l’individuo è debilitato e sofferente per le cause suddette. Inoltre, un animale al pascolo non è protetto da parassiti e da agenti esterni che possono danneggiarlo, come i cambiamenti climatici, le intemperie e il freddo invernale. Risulta, quindi, chiaro come un’assenza quasi totale di controllo sulla vita dell’animale possa portare dei risvolti negativi.

Di contro l’allevamento in stalla garantisce all’animale disponibilità di cibo e acqua, un riparo sicuro dalle intemperie e permette all’allevatore di monitorare il suo stato di salute in tempo reale e di intervenire in caso di malattie.

Eventi

Natura

Allevamento

Fame

++

Sete

++

Malattie

++

Predazione

+++

Comportamento

++

+/-

Paura

+/-

Complesso

-5

+10

Tabella – Confronto fra eventi che occorrono a un animale in natura e in allevamento (i + sono punteggi positivi controbilanciati dai -).

 

L’allevamento bovino da carne è SEMI-NTENSIVO.

Nella realtà produttiva dell’allevamento bovino si può dire che l’allevamento ‘intensivo’ e quello estensivo, che sono vissuti dal consumatore come antitetici, in realtà sono spesso integrati e complementari tra loro. Questo perché, nelle prime fasi di vita del bovino, prendendo in considerazione la cosiddetta “linea vacca-vitello” in particolare durante la stagione riproduttiva, viene preferito l’allevamento “estensivo”. Il sistema “Intensivo o in stalla” invece è applicato nelle fasi più avanzate del ciclo produttivo, quando l’animale a partire dai 10 mesi, necessita di una dieta più ricca per sostenere il proprio accrescimento. Il grande vantaggio di questo sistema è di aumentare la biodiversità delle varie razze bovine e di migliorare l’integrazione fra uomo, animale e ambiente. In questo modo la carne bovina non è più un semplice prodotto alimentare, ma torna a essere l’espressione culturale di un territorio.

Non esiste, quindi, una tipologia di allevamento migliore in senso assoluto, ma deve essere effet-tuata una valutazione caso per caso per poter selezionare la soluzione più idonea.

Pulina G. (2019) - Carnipedia. Appunti per una piccola enciclopedia della carne.
A cura di
Redazione
Indietro
Razze bovine pregiate: conosciamole meglio
Senza categoria
28/06/2023
4 min.
Senza categoria

Le principali razze bovine sono Chianina, Marchigiana, Maremmana, Romagnola e Podolica.  

Conosciamo meglio queste razze! 

 

La Chianina è la terza razza italiana da carne per diffusione e, probabilmente, la più famosa nel mondo. Essa ha origini antichissime ed è allevata soprattutto in Umbria, Toscana e Lazio e, come la Marchigiana, era in origine una razza da lavoro che si è progressivamente specializzata nella produzione della carne. L’elemento distintivo della Chianina è soprattutto costituito dal suo gigantismo che la rende, probabilmente, la razza bovina più grande al mondo. Basti pensare che un maschio adulto può raggiungere 1700 Kg di peso e un’altezza di 200 centimetri al garrese. Dal punto di vista nutrizionale, la carne di Chianina è considerata la carne bovina più sana, magra e digeribile tra tutte le razze europee, grazie anche al suo ottimo rapporto tra acidi grassi saturi ed insaturi. 

 

La Marchigiana è la seconda razza italiana da carne per diffusione, allevata nella regione d’origine e lungo la dorsale appenninica verso il mezzogiorno. Come la Chianina, la Marchigiana era in origine una razza da lavoro, poi selezionata per la produzione della carne. Presenta caratteristiche morfologiche che la rendono simile alla Chianina: mantello bianco/grigio, stazza imponente e piccole corna. Gli arti sono corti, a favore di una più sviluppata massa muscolare. La carne marchigiana ha una significativa infiltrazione di grasso, il che la rende particolarmente gustosa. 

 

La Maremmana è diffusa in Toscana e nel Lazio. Come la Podolica, questa razza, più che specializzata da carne nel senso classico del termine, è considerata come razza rustica, adatta agli ambienti difficili. Ha infatti, una spiccata attitudine al pascolo che, considerata la zona di allevamento, avviene in pasturi che sorgono su substrati salini per l’antica presenza di aree paludose ormai bonificate. Si cibano di erbe spontanee che conferisce alla carne maremmana una sapidità davvero intensa. 

 

La Romagnola è la quarta razza italiana da carne, è diffusa nella regione di origine e, tra le razze podoliche, è quella che probabilmente presenta la migliore attitudine alla produzione della carne. Anche in questo caso si tratta di una razza originariamente da lavoro, per il quale era molto apprezzata, che successivamente si è specializzata nella produzione della carne. In comune con la Chianina ha alcune caratteristiche morfologiche come la dimensione ridotta della testa, gli arti sottili e il manto bianco in età adulta, ma non la mole. I bovini maschi adulti, infatti, arrivano ad un peso massimo di 1000-1200 Kg e un’altezza al garrese di circa 170 centimetri. Una caratteristica peculiare è un buon accrescimento naturale che non rende necessaria alcuna integrazione alimentare. La carne presenta una lieve marezzatura e una sapidità intensa. 

 

La Podolica deriva, probabilmente, il suo nome dalla zona di origine, la Podolia, situata nell’attuale Ucraina portata in Italia probabilmente nel 452 d.C. dagli Unni. E’ un animale rustico, con grande capacità di adattamento a terreni difficili, impervi, montuosi e collinari caratterizzato da un manto grigio. Le sue carni particolarmente gustose anche se non naturalmente morbide, hanno reso possibile un particolare impegno in merito alla valorizzazione della razza che è entrata a pieno titolo tra le razze italiane di pregio.  

 

Tre tra le razze sopra descritte, Chianina, Marchigiana e Romagnola, rientrano nella certificazione IGP del “vitellone bianco dell’appennino centrale”, che è ad oggi, l’unico marchio di qualità per le carni bovine fresche Italiane approvato dalla Comunità Europea. 

La denominazione di “Vitellone Bianco” deriva dal manto di questi bovini, appunto di colore bianco, caratteristica peculiare che permette ai bovini di ben tollerare le radiazioni solari tipiche degli ambienti pascolativi montuosi, sebbene queste tre razze siano allevate principalmente in stalla, per via delle loro elevate esigenze nutritive che ne limitano l’adattabilità ai pascoli difficili di montagna. 

A cura di
Redazione
Indietro
Carne rossa e dieta dimagrante? Sì grazie!
Senza categoria
21/06/2023
4 min.
Senza categoria

Tutti parlano di diete in Italia, una nazione dove le statistiche sul sovrappeso e l’obesità oggigiorno sono preoccupanti. Purtroppo, non ci sono solo gli esperti che parlano a riguardo, ma anche coloro che millantano di esserlo, generando confusione in un mondo dove i falsi miti alimentari sono all’ordine del giorno. Ed è così che dilagano le diete più strane, quelle che non hanno alcun fondamento scientifico. Si cerca sempre una scorciatoia, un alimento miracoloso che faccia dimagrire o un alimento “cattivo” da condannare, un’intolleranza infondata da cercare come causa dell’aumento di peso, che molto probabilmente è dato “solo” da un’alimentazione sregolata ed uno stile di vita sedentario.

Allora sarebbe più semplice includere un po’ di tutto nella propria alimentazione, favorendo gli alimenti freschi (cereali, verdure, legumi, carne e pesce) e limitando quelli ultraprocessati (prodotti pronti, snack, dolciumi, ecc…).

Pochi anni fa, la Harvard Medical School ha proposto un’iniziativa di educazione alimentare, disegnando il cosiddetto Healthy Eating Plate (1), cioè il piatto del mangiar sano. Questo rappresenta un piatto “ideale” perché offre alcune regole dietetiche di base che aiutano a comporre un pasto equilibrato. In sostanza, deve essere presente una fonte di carboidrati (che comprende cereali integrali come pasta e pane), una fonte di fibre (oltre che di vitamine e minerali) da frutta e verdura, nonché una fonte di proteine. Come tutti gli alimenti, anche le fonti proteiche vanno inserite in una dieta settimanale sana con buonsenso e senza eccessi, e la carne rossa non è da meno, essendo una valida fonte proteica, anche e ancor di più all’interno di una dieta dimagrante.

In merito al consumo di carne rossa e sovrappeso/obesità, i risultati di una recente metanalisi (2) estendono l’evidenza che il consumo di carne rossa non è associato al rischio di sovrappeso, così come non c’è associazione tra consumo di carne totale e obesità.

È ormai noto che le proteine della carne aiutano l’organismo a consumare più energia e favoriscono la sazietà più di altri nutrienti energetici. Infatti, le proteine sono il macronutriente che ha il maggiore impatto sulla termogenesi, ovvero sul processo di produzione di calore e di dispendio energetico dell’organismo. Le proteine richiedono fino al 30% in più di energia per essere digerite rispetto agli altri macronutrienti, producendo così un vantaggio metabolico.

La carne presenta alcune qualità che la rendono un ottimo alimento all’interno di una dieta dimagrante, tra cui l’alto valore biologico delle proteine e l’assenza di carboidrati, quindi il conseguente indice glicemico nullo.  Inoltre, contiene composti bioattivi (minerali tra cui calcio, zinco, rame e iodio, vitamine del gruppo B, carnitina e coenzima Q10) che stimolano il metabolismo.

Altro aspetto fondamentale, è rappresentato dal fatto che le proteine della carne sono tra le migliori nel promuovere la costruzione muscolare e quindi l’aumento della massa magra a scapito della massa grassa. A differenza delle proteine vegetali, che sono carenti di amminoacidi essenziali quali metionina, leucina e lisina (e questo limita il loro potere anabolico), le proteine animali sono ricche di tutti gli amminoacidi necessari alla costruzione delle proteine.

Questo è da tenere in considerazione quando si intraprende un percorso dimagrante. Dimagrire, infatti, non equivale al solo “perdere peso”, ma presuppone una riduzione della massa adiposa, favorendo al contempo il mantenimento della massa muscolare.

Rispetto alle diete a base di carboidrati, quelle ad alto contenuto proteico sono le più efficaci per aiutare le persone a perdere peso, perché migliorano accuratamente il senso di sazietà e controllano meglio l’appetito.

In conclusione, appare inutile inseguire l’ultima dieta del momento priva di alcun fondamento scientifico, le challenge che promettono di perdere 7 chili in 7 giorni e qualunque altra trovata commerciale. Accogliere e mettere in pratica le buone e sane abitudini è la scelta migliore anche per chi deve perdere peso, e tra queste non viene negata una buona bistecca di carne rossa.

1. Harvard T.H. Healthy Eating Plate. The Nutrition Source. Healthy Eating Plate | The Nutrition Source | Harvard T.H. Chan School of Public Health
2. Daneshzad E, Askari M, Moradi M, Ghorabi S, Rouzitalab T, Heshmati J, et al. (2021). Red meat, overweight and obesity: A systematic review and meta-analysis of observational studies. Clinical Nutrition ESPEN. 45, 66-74.
A cura di
Redazione