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Sous-vide: la scienza nella cottura della carne
Cucina
31/07/2023
2 min.
Cucina

Un metodo di cottura facile da eseguire che dà risultati precisi e consistenti.
Questi sono i principali motivi della diffusione della cottura sous-vide (o sottovuoto) non solo nelle cucine dei ristoranti ma anche in quelle domestiche

Un metodo innovativo

La cottura sous vide si basa sul principio di utilizzare il calore controllato per cucinare gli alimenti in modo uniforme. Il termine “sous vide” deriva dal francese e significa “sotto vuoto”. Il processo prevede il sottovuoto dei cibi in sacchetti ermetici e la cottura a temperature costanti e controllate in un bagno d’acqua(1).

Massima precisione

La chiave di questo metodo di cottura risiede nella precisione termica(1). Utilizzando un dispositivo di cottura sous vide, comunemente chiamato “Roner”, è possibile impostare una temperatura specifica con un elevato livello di precisione anche per le apparecchiature domestiche. Questo permette di raggiungere una cottura uniforme della carne, eliminando il rischio di surriscaldamento o sottocottura.

Con effetti sorprendenti sulla carne

La cottura sous vide può produrre carni straordinariamente tenere e succose(2). A differenza dei metodi di cottura tradizionali, che spesso comportano temperature elevate che possono asciugare la carne, la cottura sous vide permette di conservare i liquidi e la morbidezza naturale della carne. Inoltre, grazie alla precisione termica, è possibile ottenere una cottura uniforme da bordo a bordo, eliminando la possibilità di zone troppo o troppo poco cotte.

La cottura sous vide ha anche un impatto sui processi enzimatici che avvengono nella carne. Durante la cottura, le proteine muscolari si denaturano, rilasciando enzimi che aiutano a scomporre i tessuti connettivi. Questo porta a una maggiore tenerezza e una texture più morbida nella carne.

Per ottenere un risultato perfetto sarà però necessaria una veloce rosolatura ad alte temperature per consentire il verificarsi della reazione di Maillard e la formazione della saporita “crosticina” sulla superficie della carne.

E maggiore sicurezza

La cottura sous vide offre anche vantaggi in termini di sicurezza alimentare(3). Poiché la carne viene sigillata ermeticamente in sacchetti, il rischio di contaminazione da batteri patogeni è ridotto al minimo. Inoltre, la cottura a temperature specifiche e controllate aiuta a garantire la distruzione dei batteri nocivi, assicurando una carne sicura da consumare.

(1) Baldwin, D. E. (2012, January). Sous vide cooking: A review. International Journal of Gastronomy and Food Science, 1(1), 15–30. https://doi.org/10.1016/j.ijgfs.2011.11.002

(2) Gil, M., Rudy, M., Stanisławczyk, R., & Duma-Kocan, P. (2022, October 27). Effect of Traditional Cooking and Sous Vide Heat Treatment, Cold Storage Time and Muscle on Physicochemical and Sensory Properties of Beef Meat. Molecules, 27(21), 7307. https://doi.org/10.3390/molecules27217307

(3) Onyeaka, H., Nwabor, O., Jang, S., Obileke, K., Hart, A., Anumudu, C., & Miri, T. (2022, March 14). Sous vide processing: a viable approach for the assurance of microbial food safety. Journal of the Science of Food and Agriculture, 102(9), 3503–3512. https://doi.org/10.1002/jsfa.11836
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Carne e salute, le nuove evidenze scientifiche assolvono la carne rossa
Nutrizione
25/07/2023
3 min.
Nutrizione

Per anni numerosi studi hanno collegato il consumo di carne rossa all’insorgenza di svariate patologie come malattie cardiovascolari o cancro.   

Quasi tutte queste ricerche però sono di tipo osservazionale e poco inclini a stabilire in maniera convincente un rapporto di causa-effetto. Tante sono inficiate da variabili che possono alterarne il risultato. Ad esempio, è possibile stabilire se chi mangia carne rossa semplicemente consuma meno verdure? O se tende ad avere uno stile di vita meno sano in generale? Magari fuma di più o fa meno esercizio fisico!   

Inoltre, molte di queste ricerche si basano su consumi dichiarati attraverso questionari alimentari e spesso le persone non ricordano con precisione cosa mangiano o, in casi limite, addirittura mentono sulla loro dieta se messe alle strette da un medico.   

Poche evidenze scientifiche, tanta confusione   

In un nuovo studio(1) senza precedenti, i ricercatori del dipartimento IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation) dell’Università di Washington hanno analizzato decenni di ricerche sul consumo di carne rossa e sul suo legame con vari esiti sulla salute.   

Lo studio ha indagato sulla possibilità di stabilire una correlazione tra l’insorgenza di sei patologie (cancro del colon-retto, cancro del seno, diabete di tipo 2, cardiopatia ischemica, ictus ischemico e ictus emorragico) e il consumo di carne, quantificando con un sistema “a stelle” (da 0, nessun legame, a 5 stelle, legame certo) l’intensità della correlazione e fornendo risultati inaspettati.   

Secondo la pubblicazione, infatti, esiste un’evidenza molto debole (al massimo 2 stelle) del legame tra il consumo di carne rossa non processata e il cancro del colon-retto, il cancro del seno, il diabete di tipo due e la cardiopatia ischemica. Non esiste invece alcuna evidenza di un’associazione tra carne rossa non processata e ictus ischemico o emorragico.   

I ricercatori sottolineano anche come ci sia una sostanziale e diffusa eterogeneità e incertezza tra i vari studi analizzati per tutti e sei i rapporti causa-effetto cosa che compromette la possibilità di stabilire un legame evidente tra consumo e insorgenza delle patologie.   

Un nuovo strumento di valutazione del rischio  

Visti i risultati e la sostanziale inaffidabilità delle pubblicazioni precedenti, lo studio propone un nuovo strumento statistico per la valutazione del rischio denominato “burden of proof risk function” grazie al quale, qualunque ricercatore, potrà valutare l’intensità del legame tra i dati pubblicati e un potenziale rischio per la salute.   

La funzione dà come risultato un singolo numero che, tradotto nel sistema di valutazione a “stelle” fornisce un dato facile da interpretare e difficilmente fraintendibile

(1)Lescinsky, H., Afshin, A., Ashbaugh, C., Bisignano, C., Brauer, M., Ferrara, G., Hay, S. I., He, J., Iannucci, V., Marczak, L. B., McLaughlin, S. A., Mullany, E. C., Parent, M. C., Serfes, A. L., Sorensen, R. J. D., Aravkin, A. Y., Zheng, P., & Murray, C. J. L. (2022, October). Health effects associated with consumption of unprocessed red meat: a Burden of Proof study. Nature Medicine, 28(10), 2075–2082. https://doi.org/10.1038/s41591-022-01968-z
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Redazione
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Frollatura: cos’è e quali sono i suoi benefici
Cucina
11/07/2023
3 min.
Cucina

Vi è mai capitato, in macelleria o al supermercato, di vedere dei grossi pezzi di carne con una superficie secca e annerita? Ecco! Quella è carne “frollata”.   

Il trattamento di frollatura ha lo scopo di migliorare le caratteristiche organolettiche delle carni. Si tratta di un processo di “maturazione controllata” basato su una prolungata conservazione in particolari celle frigo, che consente ai naturali enzimi contenuti nella carne di effettuare la proteolisi del collagene e delle altre proteine muscolari, con effetti di miglioramento delle caratteristiche di tenerezza e sapore. Il trattamento di frollatura richiede tempi più lunghi e tecnologie specifiche rispetto alla produzione ordinaria, in grado di assicurare il controllo costante di alcuni parametri come temperatura, umidità e ventilazione delle celle di conservazione. 

Due strade per ottenere risultati simili  

Questo processo può avvenire a secco (dry-aging) o seguendo la tecnica “umida” (wet-aging).   

Il primo caso prevede che i tagli di carne vengano maturati per almeno 15 giorni prima della commercializzazione ad una temperatura compresa tra 0,5° e + 3 C°, in condizioni di bassa umidità e alta ventilazione. Questa tecnica è indicata per tagli con una consistente copertura di grasso e una buona marezzatura (distribuzione di grasso tra le fibre muscolari) ed è anche quella più usata e diffusa in Italia.  

Per tagli più magri invece è sicuramente preferibile la tecnica del wet-aging. Questo processo prevede che le carni siano confezionate sottovuoto e conservate in celle frigorifero tradizionali. Anche in questo caso il processo può durare circa 15 – 30 giorni. 

Carne tenera e ricca di gusto   

In tutti e due i casi il risultato è un marcato intenerimento della carne che risulta anche più succulenta e digeribile. 

Durante la maturazione inoltre, il rilascio di peptidi e amminoacidi favorisce lo sviluppo di aromi complessi e gradevoli che contribuiscono a rendere la carne frollata generalmente parecchio più saporita. Per questo motivo consigliamo a chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di prodotti di scegliere carni con un periodo di frollatura relativamente breve per abituarsi al suo gusto intenso.   

 Ma in totale sicurezza  

L’aspetto poco invitante della parte più esterna del taglio non deve spaventare. L’annerimento, che avviene nel dry-aging, è dovuto ad un mix di perdita di liquidi e ossidazione degli strati più esterni della carne ma basta eliminare un paio di millimetri per ritrovare un bellissimo colore rosso acceso.   

Secondo un recente parere dell’EFSA(1) (European Food Safety Administration) inoltre, consumare carne frollata non comporta alcun rischio e, dal punto di vista della sicurezza alimentare, questi prodotti non hanno nulla da invidiare alla carne fresca.   

1)EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K.,Allende A., Alvarez-Ord ó ñ ez A., Bover-Cid S., Chemaly M., De Cesare A., Herman L., Hilbert F., Lindqvist R.,Nauta M., Peixe L., Ru G., Simmons M., Skandamis P., Suffredini E., Blagojevic B., Van Damme I., Hempen M., Messens W. and Bolton D., 2023. (2023), Scientific Opinion on the Microbiological Safety of Aged Meat, EFSA Journal 2023; 21(1):7745, 101 pp.https://doi.org/10.2903/j.efsa.2023.7745
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Allevamento bovino: intensivo o estensivo?
Sostenibilità
03/07/2023
3 min.
Sostenibilità

La narrazione oggi alla moda, veicolata dai media più o meno social, ci consegna un giudizio manicheo sul tipo di allevamento animale: intensivo cattivo, estensivo buono. Dove per intensivi si intendono allevamenti con animali maltrattati, stipati su superfici inadatte e in luoghi malsani, mentre quelli estensivi, per converso, si raffigurano con gli animali al pascolo (generalmente vacche all’alpeggio in splendide giornate di sole estivo) che alla nostra antropocentrica lettura sembrano “felici”. Sintetizzando, queste suggestioni ci consegnano le posizioni pregiudiziali per cui intensivo uguale prigione, estensivo uguale libertà.

In realtà, non è sempre vero che l’animale allevato all’aperto stia meglio di uno allevato in stalla, dal momento che l’allevamento al pascolo non è esente da criticità. Al vantaggio del maggior spa-zio si contrappongono problematiche connesse alla biosicurezza e al minor controllo sull’animale che questo allevamento comporta.

Prendiamo un animale in natura: certamente nel corso della sua vita (che in genere è molto breve, perché la mortalità dei giovani soggetti è più alta) incontrerà la fame, la sete, le malattie e la predazione. E un terrore continuo di essere sbranato, fatto sicuro se l’individuo è debilitato e sofferente per le cause suddette. Inoltre, un animale al pascolo non è protetto da parassiti e da agenti esterni che possono danneggiarlo, come i cambiamenti climatici, le intemperie e il freddo invernale. Risulta, quindi, chiaro come un’assenza quasi totale di controllo sulla vita dell’animale possa portare dei risvolti negativi.

Di contro l’allevamento in stalla garantisce all’animale disponibilità di cibo e acqua, un riparo sicuro dalle intemperie e permette all’allevatore di monitorare il suo stato di salute in tempo reale e di intervenire in caso di malattie.

Eventi

Natura

Allevamento

Fame

++

Sete

++

Malattie

++

Predazione

+++

Comportamento

++

+/-

Paura

+/-

Complesso

-5

+10

Tabella – Confronto fra eventi che occorrono a un animale in natura e in allevamento (i + sono punteggi positivi controbilanciati dai -).

 

L’allevamento bovino da carne è SEMI-NTENSIVO.

Nella realtà produttiva dell’allevamento bovino si può dire che l’allevamento ‘intensivo’ e quello estensivo, che sono vissuti dal consumatore come antitetici, in realtà sono spesso integrati e complementari tra loro. Questo perché, nelle prime fasi di vita del bovino, prendendo in considerazione la cosiddetta “linea vacca-vitello” in particolare durante la stagione riproduttiva, viene preferito l’allevamento “estensivo”. Il sistema “Intensivo o in stalla” invece è applicato nelle fasi più avanzate del ciclo produttivo, quando l’animale a partire dai 10 mesi, necessita di una dieta più ricca per sostenere il proprio accrescimento. Il grande vantaggio di questo sistema è di aumentare la biodiversità delle varie razze bovine e di migliorare l’integrazione fra uomo, animale e ambiente. In questo modo la carne bovina non è più un semplice prodotto alimentare, ma torna a essere l’espressione culturale di un territorio.

Non esiste, quindi, una tipologia di allevamento migliore in senso assoluto, ma deve essere effet-tuata una valutazione caso per caso per poter selezionare la soluzione più idonea.

Pulina G. (2019) - Carnipedia. Appunti per una piccola enciclopedia della carne.
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