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Sous-vide: la scienza nella cottura della carne
Cucina
31/07/2023
2 min.
Cucina

Un metodo di cottura facile da eseguire che dà risultati precisi e consistenti.
Questi sono i principali motivi della diffusione della cottura sous-vide (o sottovuoto) non solo nelle cucine dei ristoranti ma anche in quelle domestiche

Un metodo innovativo

La cottura sous vide si basa sul principio di utilizzare il calore controllato per cucinare gli alimenti in modo uniforme. Il termine “sous vide” deriva dal francese e significa “sotto vuoto”. Il processo prevede il sottovuoto dei cibi in sacchetti ermetici e la cottura a temperature costanti e controllate in un bagno d’acqua(1).

Massima precisione

La chiave di questo metodo di cottura risiede nella precisione termica(1). Utilizzando un dispositivo di cottura sous vide, comunemente chiamato “Roner”, è possibile impostare una temperatura specifica con un elevato livello di precisione anche per le apparecchiature domestiche. Questo permette di raggiungere una cottura uniforme della carne, eliminando il rischio di surriscaldamento o sottocottura.

Con effetti sorprendenti sulla carne

La cottura sous vide può produrre carni straordinariamente tenere e succose(2). A differenza dei metodi di cottura tradizionali, che spesso comportano temperature elevate che possono asciugare la carne, la cottura sous vide permette di conservare i liquidi e la morbidezza naturale della carne. Inoltre, grazie alla precisione termica, è possibile ottenere una cottura uniforme da bordo a bordo, eliminando la possibilità di zone troppo o troppo poco cotte.

La cottura sous vide ha anche un impatto sui processi enzimatici che avvengono nella carne. Durante la cottura, le proteine muscolari si denaturano, rilasciando enzimi che aiutano a scomporre i tessuti connettivi. Questo porta a una maggiore tenerezza e una texture più morbida nella carne.

Per ottenere un risultato perfetto sarà però necessaria una veloce rosolatura ad alte temperature per consentire il verificarsi della reazione di Maillard e la formazione della saporita “crosticina” sulla superficie della carne.

E maggiore sicurezza

La cottura sous vide offre anche vantaggi in termini di sicurezza alimentare(3). Poiché la carne viene sigillata ermeticamente in sacchetti, il rischio di contaminazione da batteri patogeni è ridotto al minimo. Inoltre, la cottura a temperature specifiche e controllate aiuta a garantire la distruzione dei batteri nocivi, assicurando una carne sicura da consumare.

(1) Baldwin, D. E. (2012, January). Sous vide cooking: A review. International Journal of Gastronomy and Food Science, 1(1), 15–30. https://doi.org/10.1016/j.ijgfs.2011.11.002

(2) Gil, M., Rudy, M., Stanisławczyk, R., & Duma-Kocan, P. (2022, October 27). Effect of Traditional Cooking and Sous Vide Heat Treatment, Cold Storage Time and Muscle on Physicochemical and Sensory Properties of Beef Meat. Molecules, 27(21), 7307. https://doi.org/10.3390/molecules27217307

(3) Onyeaka, H., Nwabor, O., Jang, S., Obileke, K., Hart, A., Anumudu, C., & Miri, T. (2022, March 14). Sous vide processing: a viable approach for the assurance of microbial food safety. Journal of the Science of Food and Agriculture, 102(9), 3503–3512. https://doi.org/10.1002/jsfa.11836
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Frollatura: cos’è e quali sono i suoi benefici
Cucina
11/07/2023
3 min.
Cucina

Vi è mai capitato, in macelleria o al supermercato, di vedere dei grossi pezzi di carne con una superficie secca e annerita? Ecco! Quella è carne “frollata”.   

Il trattamento di frollatura ha lo scopo di migliorare le caratteristiche organolettiche delle carni. Si tratta di un processo di “maturazione controllata” basato su una prolungata conservazione in particolari celle frigo, che consente ai naturali enzimi contenuti nella carne di effettuare la proteolisi del collagene e delle altre proteine muscolari, con effetti di miglioramento delle caratteristiche di tenerezza e sapore. Il trattamento di frollatura richiede tempi più lunghi e tecnologie specifiche rispetto alla produzione ordinaria, in grado di assicurare il controllo costante di alcuni parametri come temperatura, umidità e ventilazione delle celle di conservazione. 

Due strade per ottenere risultati simili  

Questo processo può avvenire a secco (dry-aging) o seguendo la tecnica “umida” (wet-aging).   

Il primo caso prevede che i tagli di carne vengano maturati per almeno 15 giorni prima della commercializzazione ad una temperatura compresa tra 0,5° e + 3 C°, in condizioni di bassa umidità e alta ventilazione. Questa tecnica è indicata per tagli con una consistente copertura di grasso e una buona marezzatura (distribuzione di grasso tra le fibre muscolari) ed è anche quella più usata e diffusa in Italia.  

Per tagli più magri invece è sicuramente preferibile la tecnica del wet-aging. Questo processo prevede che le carni siano confezionate sottovuoto e conservate in celle frigorifero tradizionali. Anche in questo caso il processo può durare circa 15 – 30 giorni. 

Carne tenera e ricca di gusto   

In tutti e due i casi il risultato è un marcato intenerimento della carne che risulta anche più succulenta e digeribile. 

Durante la maturazione inoltre, il rilascio di peptidi e amminoacidi favorisce lo sviluppo di aromi complessi e gradevoli che contribuiscono a rendere la carne frollata generalmente parecchio più saporita. Per questo motivo consigliamo a chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di prodotti di scegliere carni con un periodo di frollatura relativamente breve per abituarsi al suo gusto intenso.   

 Ma in totale sicurezza  

L’aspetto poco invitante della parte più esterna del taglio non deve spaventare. L’annerimento, che avviene nel dry-aging, è dovuto ad un mix di perdita di liquidi e ossidazione degli strati più esterni della carne ma basta eliminare un paio di millimetri per ritrovare un bellissimo colore rosso acceso.   

Secondo un recente parere dell’EFSA(1) (European Food Safety Administration) inoltre, consumare carne frollata non comporta alcun rischio e, dal punto di vista della sicurezza alimentare, questi prodotti non hanno nulla da invidiare alla carne fresca.   

1)EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K.,Allende A., Alvarez-Ord ó ñ ez A., Bover-Cid S., Chemaly M., De Cesare A., Herman L., Hilbert F., Lindqvist R.,Nauta M., Peixe L., Ru G., Simmons M., Skandamis P., Suffredini E., Blagojevic B., Van Damme I., Hempen M., Messens W. and Bolton D., 2023. (2023), Scientific Opinion on the Microbiological Safety of Aged Meat, EFSA Journal 2023; 21(1):7745, 101 pp.https://doi.org/10.2903/j.efsa.2023.7745
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Carne rossa e dieta dimagrante? Sì grazie!
Nutrizione
21/06/2023
4 min.
Nutrizione

Tutti parlano di diete in Italia, una nazione dove le statistiche sul sovrappeso e l’obesità oggigiorno sono preoccupanti. Purtroppo, non ci sono solo gli esperti che parlano a riguardo, ma anche coloro che millantano di esserlo, generando confusione in un mondo dove i falsi miti alimentari sono all’ordine del giorno. Ed è così che dilagano le diete più strane, quelle che non hanno alcun fondamento scientifico. Si cerca sempre una scorciatoia, un alimento miracoloso che faccia dimagrire o un alimento “cattivo” da condannare, un’intolleranza infondata da cercare come causa dell’aumento di peso, che molto probabilmente è dato “solo” da un’alimentazione sregolata ed uno stile di vita sedentario.

Allora sarebbe più semplice includere un po’ di tutto nella propria alimentazione, favorendo gli alimenti freschi (cereali, verdure, legumi, carne e pesce) e limitando quelli ultraprocessati (prodotti pronti, snack, dolciumi, ecc…).

Pochi anni fa, la Harvard Medical School ha proposto un’iniziativa di educazione alimentare, disegnando il cosiddetto Healthy Eating Plate (1), cioè il piatto del mangiar sano. Questo rappresenta un piatto “ideale” perché offre alcune regole dietetiche di base che aiutano a comporre un pasto equilibrato. In sostanza, deve essere presente una fonte di carboidrati (che comprende cereali integrali come pasta e pane), una fonte di fibre (oltre che di vitamine e minerali) da frutta e verdura, nonché una fonte di proteine. Come tutti gli alimenti, anche le fonti proteiche vanno inserite in una dieta settimanale sana con buonsenso e senza eccessi, e la carne rossa non è da meno, essendo una valida fonte proteica, anche e ancor di più all’interno di una dieta dimagrante.

In merito al consumo di carne rossa e sovrappeso/obesità, i risultati di una recente metanalisi (2) estendono l’evidenza che il consumo di carne rossa non è associato al rischio di sovrappeso, così come non c’è associazione tra consumo di carne totale e obesità.

È ormai noto che le proteine della carne aiutano l’organismo a consumare più energia e favoriscono la sazietà più di altri nutrienti energetici. Infatti, le proteine sono il macronutriente che ha il maggiore impatto sulla termogenesi, ovvero sul processo di produzione di calore e di dispendio energetico dell’organismo. Le proteine richiedono fino al 30% in più di energia per essere digerite rispetto agli altri macronutrienti, producendo così un vantaggio metabolico.

La carne presenta alcune qualità che la rendono un ottimo alimento all’interno di una dieta dimagrante, tra cui l’alto valore biologico delle proteine e l’assenza di carboidrati, quindi il conseguente indice glicemico nullo.  Inoltre, contiene composti bioattivi (minerali tra cui calcio, zinco, rame e iodio, vitamine del gruppo B, carnitina e coenzima Q10) che stimolano il metabolismo.

Altro aspetto fondamentale, è rappresentato dal fatto che le proteine della carne sono tra le migliori nel promuovere la costruzione muscolare e quindi l’aumento della massa magra a scapito della massa grassa. A differenza delle proteine vegetali, che sono carenti di amminoacidi essenziali quali metionina, leucina e lisina (e questo limita il loro potere anabolico), le proteine animali sono ricche di tutti gli amminoacidi necessari alla costruzione delle proteine.

Questo è da tenere in considerazione quando si intraprende un percorso dimagrante. Dimagrire, infatti, non equivale al solo “perdere peso”, ma presuppone una riduzione della massa adiposa, favorendo al contempo il mantenimento della massa muscolare.

Rispetto alle diete a base di carboidrati, quelle ad alto contenuto proteico sono le più efficaci per aiutare le persone a perdere peso, perché migliorano accuratamente il senso di sazietà e controllano meglio l’appetito.

In conclusione, appare inutile inseguire l’ultima dieta del momento priva di alcun fondamento scientifico, le challenge che promettono di perdere 7 chili in 7 giorni e qualunque altra trovata commerciale. Accogliere e mettere in pratica le buone e sane abitudini è la scelta migliore anche per chi deve perdere peso, e tra queste non viene negata una buona bistecca di carne rossa.

1. Harvard T.H. Healthy Eating Plate. The Nutrition Source. Healthy Eating Plate | The Nutrition Source | Harvard T.H. Chan School of Public Health
2. Daneshzad E, Askari M, Moradi M, Ghorabi S, Rouzitalab T, Heshmati J, et al. (2021). Red meat, overweight and obesity: A systematic review and meta-analysis of observational studies. Clinical Nutrition ESPEN. 45, 66-74.
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Carne rossa e salute: come cuocerla al meglio
Nutrizione
16/06/2023
2 min.
Nutrizione

La carne rossa è un’importante fonte di proteine e di nutrienti essenziali, tra cui ferro, zinco e vitamina B12 

Per questo motivo è importante integrare correttamente questo alimento dalla dieta: un aspetto che ha un impatto sulla salute che spesso viene trascurato è la modalità di cottura della carne. 

Le alte temperature raggiunte durante la cottura possono favorire la produzione di sostanze nocive quali le ammine eterocicliche (o HCA, dall’inglese HeteroCyclic Amine) e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA).  

Pertanto, al fine di consumare carne riducendo i rischi derivanti da alcune tipologie di cottura, è bene prestare la giusta attenzione alle modalità di cottura e limitare a rare occasioni le modalità di cottura più “aggressive” (temperature superiori a 150-180°C, tempi prolungati, esposizione diretta della carne alla fiamma) come il barbecue e la frittura, riducendo in maniera significativa l’apporto nella dieta di molecole ad attività potenzialmente nociva. 

Allo scopo di abbreviare i tempi di cottura sulla griglia, è consigliabile ad esempio effettuare una precottura nel forno. Altra accortezza: durante la cottura al barbecue, andrebbero puliti immediatamente i gocciolamenti di grasso e la carne dovrebbe essere girata frequentemente per evitare che si bruci, oppure cuocere la carne avvolta in fogli di alluminio, limitando il rischio di carbonizzazione.  

Utile anche bilanciare il pasto con verdure ricche in carotenoidi e antiossidanti, quali pomodori e carote. 

Ultima pratica utile: la marinatura. Marinare la carne prima di sottoporla a cottura utilizzando olio di oliva, vino, succo di limone, aglio e spezie può contrastare efficacemente la formazione di composti nocivi quali le ammine eterocicliche. 

Via libera, invece, alle modalità di cottura più delicate quali la cottura al vapore, la stufatura, la bollitura

McAfee AJ, McSorley EM, Cuskelly GJ, Moss BW, Wallace JM, Bonham MP, et al. (2009). Red meat consumption: an overview of the risks and benefits. Meat Science. 84(1): 1-13. doi: 10.1016/j.meatsci.2009.08.029.

WHO-IARC. (2015). IARC Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat, 26 ottobre 2015.

Magkos F, Rasmussen SI, Hjorth MF, Asping S, Rosenkrans MI, Sjödin AM, et al. (2022). Unprocessed red meat in the dietary treatment of obesity: a randomized controlled trial of beef supplementation during weight maintenance after successful weight loss. American Journal of Clinical Nutrition. 116(6): 1820-1830. doi: 10.1093/ajcn/nqac152.

Lee JG, Kim SY, Moon JS, Kim SH, Kang DH, Yoon HJ. (2015). Effects of grilling procedures on levels of polycyclic aromatic hydrocarbons in grilled meats. Food Chemistry. 199: 632-638. doi: 10.1016/j.foodchem.2015.12.017.
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Quinto Quarto: le frattaglie da valorizzare
Nutrizione
19/04/2023
3 min.
Nutrizione

Con la definizione di quinto quarto intendiamo tutte le parti commestibili che, nel bovino, non appartengono ai tagli più nobili. Durante la macellazione, l’animale viene diviso in quattro parti per ricavarne i vari tagli, anteriori e posteriori. Nel quinto quarto rientrano, dunque, le frattaglie, che a loro volta si dividono in “frattaglie rosse”, costituite da fegato, cuore, milza, rognone (reni), polmone e lingua, e le “frattaglie bianche”, che comprendono cervello, animelle e trippa. Sembrerebbe anche che alla definizione di quinto quarto si aggiunga il fatto che le frattaglie ammontino a circa un quarto del peso della carcassa. 

Un prezioso ingrediente nella cucina moderna   

Un tempo, queste parti del bovino, appunto considerate scarti, finivano sulla tavola di chi non poteva permettersi altri tagli più pregiati e anche più costosi; oggi, invece, sono considerate una prelibatezza e le ricette che le rendono protagoniste hanno conquistato anche la cucina Gourmet. 

Seppur considerate tagli meno nobili, le frattaglie si distinguono per avere un gusto deciso e particolare, ma soprattutto ottime caratteristiche dal punto di vista nutrizionale. Il quinto quarto, inoltre, deve essere fresco e di qualità per essere consumato nel modo e nel momento migliore, tant’è che all’apparenza deve risultare di colore brillante e sufficientemente umido. 

Una storia di tradizione locale 

Ogni regione ha le proprie tradizioni e ricette. Nota a tutti, ad esempio, è la trippa alla Milanese, o ancora la coda alla Vaccinara, un secondo tipico della città di Roma, per non tralasciare i gustosi crostini di milza toscani. Anche nella cucina delle Dolomiti, viene ampiamente utilizzato il quinto quarto per ricette saporite, come arrosti e spezzatini da gustare con un bel piatto di polenta calda e nutriente 

Due ricette tradizionali a base di milza  

A proposito di cucina tradizionale, perché non provare a conoscere il quinto quarto partendo dalla milza? Vediamo insieme due regioni, due ricette e due mood diversi per gustarla! 

Crostini di milza toscani. Il crostino nasceva con l’idea, nelle famiglie più povere, di non sprecare il pane; il pane secco, infatti, veniva abbrustolito, bagnato con brodo o vino e ricoperto con carne tritata ottenuta dalle parti meno nobili degli animali, come il quinto quarto appunto. Piatto povero sì, ma molto gustoso, apprezzato anche dalla nobiltà, tant’è che i crostini di milza si confermano ad oggi uno degli antipasti più apprezzati della tradizione culinaria toscana. 

Ora chiudete gli occhi e dalla Toscana immaginatevi direttamente a Ballarò, il famoso mercato di Palermo; qui la milza diventa protagonista di un colorato street food: il pani câ meusa, il famoso panino con la milza. 

Oltre alla milza, il pane morbido contiene anche pezzi di polmone e trachea, il tutto bollito e tagliati in fette sottili, soffritti nello strutto. Il panino può essere gustato semplice, con sale, pepe e limone, oppure arricchito con caciocavallo grattugiato o ricotta. 

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Come creare un piatto bilanciato a base di carne rossa?
Nutrizione
19/04/2023
3 min.
Nutrizione

Ai fini di una sana alimentazione, è importante prestare attenzione tanto al quantitativo di proteine, carboidrati e grassi assunti con la dieta, quanto alla fonte da cui derivano, che può più o meno risultare preferibile in termini di qualità dei macronutrienti assunti. A tal proposito, rispetto all’apporto proteico, è importante tenere in considerazione la qualità delle proteine e, in particolar modo quali amminoacidi apportano. Per chiarire ogni dubbio, potremmo definire gli aminoacidi come i mattoncini che costituiscono le proteine e definire essenziali quelli che il nostro organismo non è in grado di produrre da solo, ma che devono essere introdotti con l’alimentazione. Tra questi, un posto d’onore spetta alla leucina, un amminoacido essenziale a catena ramificata, presente in tutte le proteine ma sicuramente più abbondante in quelle di origine animale (1).  

Proteine ad alto valore biologico e Leucina 

La qualità delle proteine può essere valutata attraverso il loro valore biologico. Quest’ultimo è un parametro numerico che valuta la qualità delle proteine che assumiamo con l’alimentazione e, nello specifico, esprime sia il contenuto di aminoacidi essenziali, sia il loro potenziale plastico, ovvero la loro capacità di “costruire la muscolatura” (o stimolare la sintesi muscolare).
Tra i vari nutrienti, le proteine ad alto valore biologico come quelle della carne (di cui abbiamo parlato approfonditamente anche qui) e la leucina sono di particolare interesse per i loro effetti dimostrati sulla salute muscolo-scheletrica (1).  

L’assunzione di alimenti contenenti proteine, infatti, sembrerebbe stimolare la sintesi proteica muscolare, con un picco di circa 2-3 ore dopo l’ingestione (2). Se poi la leucina risulta presente in buone proporzioni sembrerebbe ancor meglio. Essendo uno dei 10 aminoacidi essenziali, la leucina svolge un ruolo importante nella sintesi e nella degradazione delle proteine e, in particolare, nella promozione della sintesi proteica a seguito del pasto (3). 

Questo è ancor più importante da tenere in considerazione quando si invecchia, poiché con l’avanzamento dell’età la sintesi proteica risulta fisiologicamente ridotta (4). Negli individui anziani, infatti, l’apporto proteico dovrebbe essere superiore (di 1,0-1,2 g al giorno per kg di peso corporeo), così da mantenere uno stato proteico positivo. Un uomo anziano di 70 kg dovrebbe, quindi, consumare mediamente tra 70 e 84 g di proteine al giorno,  ricordando sempre che 100g di carne non apportano 100g di proteine ma solo 20g. Ma non solo! Il gruppo di studio PROT-AGE (5) ha proposto per gli anziani un apporto proteico pari a 25–30 g di proteine per pasto per contrastare la perdita di massa magra tipica dell’età, suggerendo al contempo di garantire un apporto di leucina di circa 2.5-2.8 g ai tre pasti principali (5).  

Come tradurre in pratica queste indicazioni nutrizionali?  

La carne rossa non solo contiene proteine ad alto valore biologico, come altri alimenti di origine animale, ma vanta anche un significativo contenuto di leucina: ad esempio, 100 g di fesa di bovino adulto contengono ben 1.894 mg di leucina. Trasformare questo dato in pratica?  

Componiamo insieme il nostro pasto in questo semplice modo: 

– filetto di bovino (120 g); 

– Contorno di verdure grigliate (100 g melanzane, 100 g zucchine) e patate (350 g) condite con olio, aceto, sale e spezie; 

– 2 crackers di riso in accompagnamento; 

– macedonia di frutta mista (50 g fragole, 50 g pesca, 50 g banana); 

Con un pasto così composto, otteniamo un totale di 753 kcal, 34.4 g di proteine con 2.7 g di leucina.  

1. Tessier, A.J. & Chevalier, S. (2018). An update on protein, leucine, omega-3 fatty acids, and vitamin d in the prevention and treatment of sarcopenia and functional decline. Nutrients, 10(8):1099. doi: 10.3390/nu10081099

2. Moore, D.R., Robinson, M.J., Fry, J.L., Tang, J.E., Glover, E.I., Wilkinson, S.B., et al. (2009). Ingested protein dose response of muscle and albumin protein synthesis after resistance exercise in young men. American Journal of Clinical Nutrition, 89(1):161-8. doi: 10.3945/ajcn.2008.26401

3. Sugawara, T., Ito, Y., Nishizawa, N., & Nagasawa, T. (2007). Supplementation with dietary leucine to a protein-deficient diet suppresses myofibrillar protein degradation in rats. Journal of nutritional science and vitaminology, 53(6), 552-555.

4. Devries, M.C., McGlory, C., Bolster, D.R., Kamil, A., Rahn, M., Harkness L., et al. (2018). Protein leucine content is a determinant of shorter- and longer-term muscle protein synthetic responses at rest and following resistance exercise in healthy older women: a randomized, controlled trial. American Journal of Clinical Nutrition. 107(2):217-226. doi: 10.1093/ajcn/nqx028

5. Bauer, J., Biolo, G., Cederholm, T., Cesari, M., Cruz-Jentoft, A.J., Morley, J.E., et al. (2013). Evidence-based recommendations for optimal dietary protein intake in older people: a position paper from the PROT-AGE study group. Journal of the American Medical Directors Association, 14(8):542-59. doi: 10.1016/j.jamda.2013.0 5.021
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Simposio internazionale COW IS VEG – I videointerventi dei relatori
Sostenibilità
03/10/2022
2 min.
Sostenibilità

Durante la sessione “CARNE ROSSA TRA SOSTENIBILITÀ, NUTRIZIONE E FUTURO”, un parterre di esperti internazionali ha presentato dati inediti per rivelare il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione, affrontando il tema sotto diversi punti di vista, tutti di grande attualità: dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, ai cambiamenti climatici, alla malnutrizione, passando per l’evoluzione dell’uomo.

 

Il contributo globale della zootecnia agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: opportunità e sfide

ANNE MOTTET, Livestock Development Officer, United Nations Food and Agriculture Organization – FAO

 

Cambiamento climatico e allevamenti: come la gestione del metano può rendere il bovino parte della soluzione

FRANK MITLOEHNER, Professore e Air Quality Extension Specialist, UC Davis –  USA

 

Dieta ed evoluzione: come il consumo di carne ci ha resi umani

MIKI BEN-DOR, Ricercatore in nutrizione e diete ancestrali, Dipartimento di Archeologia, Tel Aviv University – Israele

 

Mangiare meno carne non salverà il pianeta: l’importanza di una corretta nutrizione

FREDERIC LEROY, Professore nel campo della Scienza dell’Alimentazione, Vrije Universiteit Brussel – Belgio

 

Si è parlato inoltre del VALORE SOCIALE ED ECONOMICO DEL SETTORE BOVINO IN ITALIA, con GIUSEPPE PULINA, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità delle produzioni animali presso l’Università di Sassari, che ha presentato nuovi dati per mostrare la distintività dell’allevamento bovino italiano, in particolare in termini di impatto ambientale.

 

Allargando lo sguardo a livello più globale, il prof. Pulina ha infine evidenziato come la zootecnia in Europa sia estremamente più virtuosa che altrove, e il termine “intensivo” acquisisce un significato del tutto nuovo e di valore.

 

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Efficienza e sostenibilità: il settore della carne bovina parte della soluzione per vincere la sfida globale dell’alimentazione
Sostenibilità
30/09/2022
7 min.
Sostenibilità

Il Simposio Scientifico Internazionale “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” presenta dati inediti che rivelano il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione.

 

Roma, 29 settembre 2022 –  La sfida globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro e prodotto in maniera sostenibile a una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e consumare carne, secondo le stime FAO, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30% della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo (Fonte: FAO. 2018. The future of food and agriculture). E proprio sulla sinergia fra nuove sfide della food security e sostenibilità, si è tenuto oggi a Roma il simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti, durante il quale un parterre di scienziati internazionali si è confrontato su questo tema.

 

In particolare sull’importanza di guardare al sistema zootecnico sotto differenti aspetti – ambientale, ma anche economico e sociale – è intervenuto Maurizio Martina, Vicedirettore Generale della FAO, che ha sottolineato l’apporto di queste filiere “alla grande sfida della sostenibilità” e ha ribadito il valore di un approccio scientifico e ragionato al tema ricordando che nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono grazie al lavoro in zootecnia. E proprio nell’ottica di considerare le filiere zootecniche come parte di un nuovo equilibrio sostenibile, il Vicedirettore generale della Fao ha detto: “Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme: contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei reflui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato” E ha concluso Martina “In questo senso non abbiamo bisogno di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare insieme”.

 

L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti sulla capacità di aumentare la produzione riducendo gli impatti: negli ultimi 30 anni il comparto agricolo ha sfamato quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo le emissioni pro-capite di circa il 20% (Fonte: Our World in Data).

Sul fronte del consumo di acqua e di suolo e della cosiddetta feed vs food competition, ad esempio, in questi anni sono emersi dati importanti capaci di fare chiarezza in un panorama informativo spesso inquinato da dannose fake news.

 

In un contesto come quello che si sta delineando – aumento della popolazione, aumento del reddito medio e contestuale aumento della richiesta di alimenti di origine animale –  la capacità dei ruminanti di convertire erba e vegetali ricchi in cellulosa in proteine, senza entrare in competizione con l’uomo, è un’opportunità unica per il settore zootecnico di contribuire alla food security con proteine ad alto valore biologico. Ma non solo, i ruminati si mostrano estremamente efficienti nella conversione delle proteine vegetali in proteine animali. Su questo Anne Mottet, Livestock Development Officer presso la FAO, intervenuta ai lavori della mattinata, ha affermato che “L’intero settore zootecnico mondiale consuma circa un terzo dei cereali che produciamo. Ma questa quota può essere ridotta. In particolare, i ruminati hanno un più efficiente indice di conversione proteica: sono in grado di produrre un chilo di proteine assumendo solo seicento grammi di proteine vegetali.  Anche per quanto riguarda il land use, il settore zootecnico globale utilizza circa 2,5 miliardi di ettari di suolo, il 77% dei quali sono praterie, per gran parte non coltivabili e quindi utilizzabili solo dagli animali al pascolo, che se riconvertite a colture creerebbero danni ai servizi ecosistemici.”

 

Se oggi la produzione e il consumo di carne sono dunque al centro di un dibattito pubblico spesso fortemente polarizzato che influenza la lettura dei dati riguardanti la salute e gli impatti ambientali, emergono in parallelo dati più che confortanti, che vedono gli allevamenti bovini come parte integrata della soluzione climatica. Come spiega il Prof. Frank Mitloehner, Air Quality specialist in Cooperative Extension presso il Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, “I bovini sono spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, mentre in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano, i bovini diventano parte della soluzione climatica. In alcune regioni, l’allevamento può raggiungere la neutralità climatica – il punto in cui non comporta ulteriore riscaldamento climatico – con riduzioni fattibili di metano, il tutto fornendo al contempo alimenti altamente nutrienti”.

 

Uno studio più attento delle emissioni di gas serra fa emergere, infatti, come anidride carbonica e metano non abbiano la stessa permanenza in atmosfera e lo stesso impatto sul clima. In particolare, il metano emesso naturalmente dai bovini, viene scomposto in atmosfera e riconvertito in CO2 nel giro di dieci anni per poi essere riassorbito dalle piante con la fotosintesi, rientrando nel naturale ciclo biogenico del carbonio. Invece la CO2 prodotta dai combustibili fossili si accumula e permane in atmosfera potenzialmente per mille anni. Agendo, quindi, sul contenimento delle emissioni di metano dei bovini si opererebbe un effettivo sequestro di carbonio in atmosfera, rendendo di fatto la zootecnia un settore attivo nella lotta al cambiamento climatico, in opposizione a quanto si ritiene erroneamente oggi.

 

La carne, inoltre, continua a rivestire un’importanza determinante dal punto di vista nutrizionale: evitare o ridurre eccessivamente l’assunzione di carne può rendere le diete meno equilibrate soprattutto per i giovani e le fasce di popolazione più fragili, tra cui le donne in età riproduttiva, gli anziani e le persone affette da patologie.

 

La carne, infatti, è un’importante fonte di proteine di alta qualità e di vari micronutrienti di cui si rilevano carenze a livello globale (anche presso gran parte delle popolazioni occidentali) come ferro, zinco e vitamina B12. Come riportato da Frederic Leroy, Professore nel campo della Scienza dell’Alimentazione presso la Vrije Universiteit Brussel, e relatore al simposio, “Nonostante si tratti dell’alimento che ha accompagnato l’evoluzione della specie umana costituito da proteine di qualità e micronutrienti altamente biodisponibili, l’assunzione di molti dei quali è peraltro limitata da parte della popolazione, spesso la carne viene ingiustamente inquadrata come una scelta alimentare non salutare. Al contrario, la carne dovrebbe essere considerata un alimento chiave per migliorare lo stato nutrizionale nell’ambito di una dieta sana, soprattutto per le popolazioni con esigenze nutrizionali elevate. Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta infatti un grave errore”, continua Leroy: “è assolutamente fondamentale tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi nutrizionali anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi”.

 

La valenza nutrizionale della carne rappresenta inoltre un importante retaggio evoluzionistico che caratterizza la nostra specie da oltre due milioni di anni. “Le evidenze circa il metabolismo indicano che gli esseri umani, evolutisi nel Paleolitico come ‘ipercarnivori’, sono ancora adattati a una dieta in cui i lipidi e le proteine, piuttosto che i carboidrati, offrono un contributo importante all’approvvigionamento energetico” ha dichiarato Miki Ben-Dor, Ricercatore in nutrizione e diete ancestrali presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv.

 

Alla luce di queste riflessioni, emerge chiaramente l’importanza di guardare con fiducia al settore zootecnico e alle sue evoluzioni in grado di contribuire positivamente all’auspicata neutralità climatica futura, così come è necessario cominciare a guardare ai bovini come a una risposta concreta e sostenibile alla crescente richiesta di proteine di alta qualità da parte della popolazione globale.

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Redazione
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Cosa significa ‘dieta sostenibile’? Guida pratica per costruire piatti bilanciati e ‘green’.
Nutrizione
20/06/2021
3 min.
Nutrizione

Quando si parla di alimenti e sostenibilità, spesso ci si limita a osservare il minore o maggior impatto di alcune categorie di alimenti rispetto ad altre (emblematico è il caso della carne) senza considerare la dieta nel suo complesso. Questo approccio rischia di far escludere alcuni alimenti (in quanto etichettati come ‘dannosi per l’ambiente’) che, viceversa, se consumati nelle giuste quantità possono avere un ruolo virtuoso in una dieta bilanciata e sostenibile. Tra i tanti errori diffusi al riguardo vi è quello di confrontare l’impatto ambientale di un kg di carne con quello di un kg di frutta e verdura, perché il contenuto dei nutrienti è completamente diverso, così come le quantità di consumo raccomandate, più basse per la carne e molto più alte per i vegetali (1).

Parlando di diete sostenibili non si può non menzionare la Dieta Mediterranea, un modello caratterizzato da una prevalenza di prodotti vegetali, ma che non esclude delle quote di prodotti animali necessarie, senza eccedere, a coprire le inevitabili carenze di un modello completamente vegetale (1). A tal proposito è stata recentemente pubblicata una nuova piramide della Dieta Mediterranea che coniuga gli aspetti nutrizionali del famoso modello alimentare con aspetti di sostenibilità alimentare (2).

Come risultato di un lungo lavoro di revisione e “rimodellamento” della precedente piramide pubblicata nel 2011, la nuova piramide mira ad includere i più recenti risultati relativi all’impatto ambientale del modello mediterraneo. La Dieta Mediterranea, infatti, favorirebbe emissioni di gas serra “controllate”, garantendo il rispetto della stagionalità dei prodotti, del territorio e della biodiversità (2).

Tra le novità della “nuova piramide sostenibile” vi è infatti la presenza, in ciascun livello, di una terza dimensione che rappresenta gli aspetti ambientali e l’impatto specifico di ciascuna categoria di alimenti.

Chi sono i ‘meno sostenibili’? Prodotti industriali, merendine e dolci ricchi in zuccheri e grassi sono quei prodotti presenti al vertice della piramide il cui consumo deve essere limitato a un massimo di 3 volte alla settimana, sia per gli effetti sulla salute sia per il loro impatto sull’ambiente (2). Per gli italiani, quindi, forse sarebbe da rimettere in discussione il modello di colazione ‘dolce’ in modo da limitare il consumo di prodotti di forno, a favore di pane integrale e cereali poco processati come i fiocchi d’avena, ad esempio, in abbinamento a un’adeguata porzione di latte o yogurt. Di certo, quindi, ben più sostenibile era la colazione dei nostri nonni, a base ad esempio di caffellatte e pane raffermo.

Per quanto riguarda il consumo di verdura, frutta fresca e secca, si enfatizza la necessità di scegliere prodotti locali (2): dimentichiamoci quindi della frutta esotica come categoria ‘healthy’ per eccellenza nelle diete più in voga, soprattutto nei contesti urbani, pensando ad esempio agli ultimi anni in cui zenzero, avocado e gli altri cosiddetti ‘superfood’ hanno letteralmente spopolato. Basandoci sulle frequenze di consumo e sugli alimenti consigliati sulla base di questo approccio, largamente condiviso a livello di comunità scientifica e che privilegia il consumo di prodotti freschi, locali e stagionali, proviamo a ipotizzare per la stagione estiva alcuni piatti virtuosi dal punto di vista delle raccomandazioni nutrizionali e… ambientali.

A cura di
Nutrimi
Straccetti di carne marinati con rucola e pomodorini, accompagnati da riso integrale
Ingredienti: 100 g di straccetti di manzo, 50 g di rucola, 100 g di pomodorini
Il commento 'green' del nutrizionista: anche la carne può far parte di una dieta green se consumata in modo equilibrato per quantità e frequenza durante la settimana.
Panzanella
Ingredienti: 100 g di pane raffermo, 70 g di pomodori, 70 g di cetrioli, 30 g di cipolle, aceto 20 g, olio q.b., acqua q.b. basilico q.b.
Il commento 'green' del nutrizionista: la panzanella è un piatto della tradizione che permette il riutilizzo di pane “invecchiato”, riducendo gli sprechi alimentari.
Riso integrale con fave, pecorino e menta
Ingredienti: Ingredienti: 80 g di riso integrale, 150 g di fave fresche, un cucchiaino di pecorino, menta q.b.
Il commento 'green' del nutrizionista: le fave sono un legume tipico della stagione primaverile/estiva. Curiosità: aggiungere un po’ di succo di limone può favorire l’assorbimento del ferro vegetale.
Insalatona di patate, fagiolini, acciughe e olive, accompagnata da un piccolo panino integrale
Ingredienti: 200 g di patate, 200 g di fagiolini, 4 (50 g) acciughe, 8 olive, olio evo
Il commento 'green' del nutrizionista: durante la settimana è consigliato preferire il consumo di pesce fresco azzurro tipico del Mar Mediterraneo, come acciughe e sardine, e consumare quello conservato non più di una volta alla settimana.

Ricapitoliamo quindi qualche trucco e consiglio per orientarci verso un’alimentazione il più possibile ‘green’, oltre che bilanciata:

– Buon senso prima di tutto

Torniamo a scoprire le stagioni, con il loro patrimonio di prodotti, privilegiando sempre quelli del nostro territorio: più vicino, meglio è. In buona sostanza, proviamo a riavvicinarci a quella che era l’alimentazione… dei nostri nonni (3).

– Prepariamo il cibo con le nostre mani (o scegliamolo con la testa)

Cucinare è un’arte, e richiede tempo. Per la maggior parte di noi potrebbe risultare veramente complesso, se non impossibile, preparare ogni giorno ricette salutari a partire da prodotti freschi. Cerchiamo quindi di scegliere consapevolmente anche i piatti che acquistiamo già pronti, al supermercato o al ristorante.

– Scelte radicali? Meglio la moderazione

Quando parliamo di alimenti e sostenibilità vengono subito in mente le diete vegetariane e vegane, in quanto ritenute associate ad un minor impatto ambientale rispetto alle diete onnivore. Non dimentichiamo però che in queste diete, prive in parte o del tutto di prodotti di origine animale, c’è un alto rischio di ricorrere a prodotti sostitutivi di origine vegetale che spesso sono alimenti ultra-processati, con un impatto ambientale elevato. Ad oggi, sulla base dei dati esistenti, preferiamo considerare come modello alimentare di riferimento, sano e sostenibile, la Dieta Mediterranea con il giusto quantitativo di tutti gli alimenti e dando largo spazio a quelli freschi, di stagione e locali.

1. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Linee guida per una sana alimentazione 2018
2. Serra-Majem, L., Tomaino, L., Dernini, S., Berry, E. M., Lairon, D., Ngo de la Cruz, J., … & Piscopo, S. (2020). Updating the Mediterranean Diet Pyramid towards Sustainability: Focus on Environmental Con-cerns. International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(23), 8758.
3. XIII Forum di Nutrizione Pratica. Verso sistemi alimentari sostenibili: ripartendo dalla tradizione.