Indietro
Simposio internazionale COW IS VEG – I videointerventi dei relatori
Sostenibilità
03/10/2022
2 min.
Sostenibilità

Durante la sessione “CARNE ROSSA TRA SOSTENIBILITÀ, NUTRIZIONE E FUTURO”, un parterre di esperti internazionali ha presentato dati inediti per rivelare il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione, affrontando il tema sotto diversi punti di vista, tutti di grande attualità: dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, ai cambiamenti climatici, alla malnutrizione, passando per l’evoluzione dell’uomo.

 

Il contributo globale della zootecnia agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: opportunità e sfide

ANNE MOTTET, Livestock Development Officer, United Nations Food and Agriculture Organization – FAO

 

Cambiamento climatico e allevamenti: come la gestione del metano può rendere il bovino parte della soluzione

FRANK MITLOEHNER, Professore e Air Quality Extension Specialist, UC Davis –  USA

 

Dieta ed evoluzione: come il consumo di carne ci ha resi umani

MIKI BEN-DOR, Ricercatore in nutrizione e diete ancestrali, Dipartimento di Archeologia, Tel Aviv University – Israele

 

Mangiare meno carne non salverà il pianeta: l’importanza di una corretta nutrizione

FREDERIC LEROY, Professore nel campo della Scienza dell’Alimentazione, Vrije Universiteit Brussel – Belgio

 

Si è parlato inoltre del VALORE SOCIALE ED ECONOMICO DEL SETTORE BOVINO IN ITALIA, con GIUSEPPE PULINA, Professore Ordinario di Etica e Sostenibilità delle produzioni animali presso l’Università di Sassari, che ha presentato nuovi dati per mostrare la distintività dell’allevamento bovino italiano, in particolare in termini di impatto ambientale.

 

Allargando lo sguardo a livello più globale, il prof. Pulina ha infine evidenziato come la zootecnia in Europa sia estremamente più virtuosa che altrove, e il termine “intensivo” acquisisce un significato del tutto nuovo e di valore.

 

A cura di
Redazione
Indietro
Efficienza e sostenibilità: il settore della carne bovina parte della soluzione per vincere la sfida globale dell’alimentazione
Sostenibilità
30/09/2022
7 min.
Sostenibilità

Il Simposio Scientifico Internazionale “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” presenta dati inediti che rivelano il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione.

 

Roma, 29 settembre 2022 –  La sfida globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro e prodotto in maniera sostenibile a una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e consumare carne, secondo le stime FAO, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30% della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo (Fonte: FAO. 2018. The future of food and agriculture). E proprio sulla sinergia fra nuove sfide della food security e sostenibilità, si è tenuto oggi a Roma il simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” organizzato da Assocarni in collaborazione con Coldiretti, durante il quale un parterre di scienziati internazionali si è confrontato su questo tema.

 

In particolare sull’importanza di guardare al sistema zootecnico sotto differenti aspetti – ambientale, ma anche economico e sociale – è intervenuto Maurizio Martina, Vicedirettore Generale della FAO, che ha sottolineato l’apporto di queste filiere “alla grande sfida della sostenibilità” e ha ribadito il valore di un approccio scientifico e ragionato al tema ricordando che nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono grazie al lavoro in zootecnia. E proprio nell’ottica di considerare le filiere zootecniche come parte di un nuovo equilibrio sostenibile, il Vicedirettore generale della Fao ha detto: “Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme: contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei reflui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato” E ha concluso Martina “In questo senso non abbiamo bisogno di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare insieme”.

 

L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti sulla capacità di aumentare la produzione riducendo gli impatti: negli ultimi 30 anni il comparto agricolo ha sfamato quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo le emissioni pro-capite di circa il 20% (Fonte: Our World in Data).

Sul fronte del consumo di acqua e di suolo e della cosiddetta feed vs food competition, ad esempio, in questi anni sono emersi dati importanti capaci di fare chiarezza in un panorama informativo spesso inquinato da dannose fake news.

 

In un contesto come quello che si sta delineando – aumento della popolazione, aumento del reddito medio e contestuale aumento della richiesta di alimenti di origine animale –  la capacità dei ruminanti di convertire erba e vegetali ricchi in cellulosa in proteine, senza entrare in competizione con l’uomo, è un’opportunità unica per il settore zootecnico di contribuire alla food security con proteine ad alto valore biologico. Ma non solo, i ruminati si mostrano estremamente efficienti nella conversione delle proteine vegetali in proteine animali. Su questo Anne Mottet, Livestock Development Officer presso la FAO, intervenuta ai lavori della mattinata, ha affermato che “L’intero settore zootecnico mondiale consuma circa un terzo dei cereali che produciamo. Ma questa quota può essere ridotta. In particolare, i ruminati hanno un più efficiente indice di conversione proteica: sono in grado di produrre un chilo di proteine assumendo solo seicento grammi di proteine vegetali.  Anche per quanto riguarda il land use, il settore zootecnico globale utilizza circa 2,5 miliardi di ettari di suolo, il 77% dei quali sono praterie, per gran parte non coltivabili e quindi utilizzabili solo dagli animali al pascolo, che se riconvertite a colture creerebbero danni ai servizi ecosistemici.”

 

Se oggi la produzione e il consumo di carne sono dunque al centro di un dibattito pubblico spesso fortemente polarizzato che influenza la lettura dei dati riguardanti la salute e gli impatti ambientali, emergono in parallelo dati più che confortanti, che vedono gli allevamenti bovini come parte integrata della soluzione climatica. Come spiega il Prof. Frank Mitloehner, Air Quality specialist in Cooperative Extension presso il Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, “I bovini sono spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, mentre in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano, i bovini diventano parte della soluzione climatica. In alcune regioni, l’allevamento può raggiungere la neutralità climatica – il punto in cui non comporta ulteriore riscaldamento climatico – con riduzioni fattibili di metano, il tutto fornendo al contempo alimenti altamente nutrienti”.

 

Uno studio più attento delle emissioni di gas serra fa emergere, infatti, come anidride carbonica e metano non abbiano la stessa permanenza in atmosfera e lo stesso impatto sul clima. In particolare, il metano emesso naturalmente dai bovini, viene scomposto in atmosfera e riconvertito in CO2 nel giro di dieci anni per poi essere riassorbito dalle piante con la fotosintesi, rientrando nel naturale ciclo biogenico del carbonio. Invece la CO2 prodotta dai combustibili fossili si accumula e permane in atmosfera potenzialmente per mille anni. Agendo, quindi, sul contenimento delle emissioni di metano dei bovini si opererebbe un effettivo sequestro di carbonio in atmosfera, rendendo di fatto la zootecnia un settore attivo nella lotta al cambiamento climatico, in opposizione a quanto si ritiene erroneamente oggi.

 

La carne, inoltre, continua a rivestire un’importanza determinante dal punto di vista nutrizionale: evitare o ridurre eccessivamente l’assunzione di carne può rendere le diete meno equilibrate soprattutto per i giovani e le fasce di popolazione più fragili, tra cui le donne in età riproduttiva, gli anziani e le persone affette da patologie.

 

La carne, infatti, è un’importante fonte di proteine di alta qualità e di vari micronutrienti di cui si rilevano carenze a livello globale (anche presso gran parte delle popolazioni occidentali) come ferro, zinco e vitamina B12. Come riportato da Frederic Leroy, Professore nel campo della Scienza dell’Alimentazione presso la Vrije Universiteit Brussel, e relatore al simposio, “Nonostante si tratti dell’alimento che ha accompagnato l’evoluzione della specie umana costituito da proteine di qualità e micronutrienti altamente biodisponibili, l’assunzione di molti dei quali è peraltro limitata da parte della popolazione, spesso la carne viene ingiustamente inquadrata come una scelta alimentare non salutare. Al contrario, la carne dovrebbe essere considerata un alimento chiave per migliorare lo stato nutrizionale nell’ambito di una dieta sana, soprattutto per le popolazioni con esigenze nutrizionali elevate. Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta infatti un grave errore”, continua Leroy: “è assolutamente fondamentale tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi nutrizionali anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi”.

 

La valenza nutrizionale della carne rappresenta inoltre un importante retaggio evoluzionistico che caratterizza la nostra specie da oltre due milioni di anni. “Le evidenze circa il metabolismo indicano che gli esseri umani, evolutisi nel Paleolitico come ‘ipercarnivori’, sono ancora adattati a una dieta in cui i lipidi e le proteine, piuttosto che i carboidrati, offrono un contributo importante all’approvvigionamento energetico” ha dichiarato Miki Ben-Dor, Ricercatore in nutrizione e diete ancestrali presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv.

 

Alla luce di queste riflessioni, emerge chiaramente l’importanza di guardare con fiducia al settore zootecnico e alle sue evoluzioni in grado di contribuire positivamente all’auspicata neutralità climatica futura, così come è necessario cominciare a guardare ai bovini come a una risposta concreta e sostenibile alla crescente richiesta di proteine di alta qualità da parte della popolazione globale.

A cura di
Redazione
Indietro
Cosa significa ‘dieta sostenibile’? Guida pratica per costruire piatti bilanciati e ‘green’.
Nutrizione
20/06/2021
3 min.
Nutrizione

Quando si parla di alimenti e sostenibilità, spesso ci si limita a osservare il minore o maggior impatto di alcune categorie di alimenti rispetto ad altre (emblematico è il caso della carne) senza considerare la dieta nel suo complesso. Questo approccio rischia di far escludere alcuni alimenti (in quanto etichettati come ‘dannosi per l’ambiente’) che, viceversa, se consumati nelle giuste quantità possono avere un ruolo virtuoso in una dieta bilanciata e sostenibile. Tra i tanti errori diffusi al riguardo vi è quello di confrontare l’impatto ambientale di un kg di carne con quello di un kg di frutta e verdura, perché il contenuto dei nutrienti è completamente diverso, così come le quantità di consumo raccomandate, più basse per la carne e molto più alte per i vegetali (1).

Parlando di diete sostenibili non si può non menzionare la Dieta Mediterranea, un modello caratterizzato da una prevalenza di prodotti vegetali, ma che non esclude delle quote di prodotti animali necessarie, senza eccedere, a coprire le inevitabili carenze di un modello completamente vegetale (1). A tal proposito è stata recentemente pubblicata una nuova piramide della Dieta Mediterranea che coniuga gli aspetti nutrizionali del famoso modello alimentare con aspetti di sostenibilità alimentare (2).

Come risultato di un lungo lavoro di revisione e “rimodellamento” della precedente piramide pubblicata nel 2011, la nuova piramide mira ad includere i più recenti risultati relativi all’impatto ambientale del modello mediterraneo. La Dieta Mediterranea, infatti, favorirebbe emissioni di gas serra “controllate”, garantendo il rispetto della stagionalità dei prodotti, del territorio e della biodiversità (2).

Tra le novità della “nuova piramide sostenibile” vi è infatti la presenza, in ciascun livello, di una terza dimensione che rappresenta gli aspetti ambientali e l’impatto specifico di ciascuna categoria di alimenti.

Chi sono i ‘meno sostenibili’? Prodotti industriali, merendine e dolci ricchi in zuccheri e grassi sono quei prodotti presenti al vertice della piramide il cui consumo deve essere limitato a un massimo di 3 volte alla settimana, sia per gli effetti sulla salute sia per il loro impatto sull’ambiente (2). Per gli italiani, quindi, forse sarebbe da rimettere in discussione il modello di colazione ‘dolce’ in modo da limitare il consumo di prodotti di forno, a favore di pane integrale e cereali poco processati come i fiocchi d’avena, ad esempio, in abbinamento a un’adeguata porzione di latte o yogurt. Di certo, quindi, ben più sostenibile era la colazione dei nostri nonni, a base ad esempio di caffellatte e pane raffermo.

Per quanto riguarda il consumo di verdura, frutta fresca e secca, si enfatizza la necessità di scegliere prodotti locali (2): dimentichiamoci quindi della frutta esotica come categoria ‘healthy’ per eccellenza nelle diete più in voga, soprattutto nei contesti urbani, pensando ad esempio agli ultimi anni in cui zenzero, avocado e gli altri cosiddetti ‘superfood’ hanno letteralmente spopolato. Basandoci sulle frequenze di consumo e sugli alimenti consigliati sulla base di questo approccio, largamente condiviso a livello di comunità scientifica e che privilegia il consumo di prodotti freschi, locali e stagionali, proviamo a ipotizzare per la stagione estiva alcuni piatti virtuosi dal punto di vista delle raccomandazioni nutrizionali e… ambientali.

A cura di
Nutrimi
Straccetti di carne marinati con rucola e pomodorini, accompagnati da riso integrale
Ingredienti: 100 g di straccetti di manzo, 50 g di rucola, 100 g di pomodorini
Il commento 'green' del nutrizionista: anche la carne può far parte di una dieta green se consumata in modo equilibrato per quantità e frequenza durante la settimana.
Panzanella
Ingredienti: 100 g di pane raffermo, 70 g di pomodori, 70 g di cetrioli, 30 g di cipolle, aceto 20 g, olio q.b., acqua q.b. basilico q.b.
Il commento 'green' del nutrizionista: la panzanella è un piatto della tradizione che permette il riutilizzo di pane “invecchiato”, riducendo gli sprechi alimentari.
Riso integrale con fave, pecorino e menta
Ingredienti: Ingredienti: 80 g di riso integrale, 150 g di fave fresche, un cucchiaino di pecorino, menta q.b.
Il commento 'green' del nutrizionista: le fave sono un legume tipico della stagione primaverile/estiva. Curiosità: aggiungere un po’ di succo di limone può favorire l’assorbimento del ferro vegetale.
Insalatona di patate, fagiolini, acciughe e olive, accompagnata da un piccolo panino integrale
Ingredienti: 200 g di patate, 200 g di fagiolini, 4 (50 g) acciughe, 8 olive, olio evo
Il commento 'green' del nutrizionista: durante la settimana è consigliato preferire il consumo di pesce fresco azzurro tipico del Mar Mediterraneo, come acciughe e sardine, e consumare quello conservato non più di una volta alla settimana.

Ricapitoliamo quindi qualche trucco e consiglio per orientarci verso un’alimentazione il più possibile ‘green’, oltre che bilanciata:

– Buon senso prima di tutto

Torniamo a scoprire le stagioni, con il loro patrimonio di prodotti, privilegiando sempre quelli del nostro territorio: più vicino, meglio è. In buona sostanza, proviamo a riavvicinarci a quella che era l’alimentazione… dei nostri nonni (3).

– Prepariamo il cibo con le nostre mani (o scegliamolo con la testa)

Cucinare è un’arte, e richiede tempo. Per la maggior parte di noi potrebbe risultare veramente complesso, se non impossibile, preparare ogni giorno ricette salutari a partire da prodotti freschi. Cerchiamo quindi di scegliere consapevolmente anche i piatti che acquistiamo già pronti, al supermercato o al ristorante.

– Scelte radicali? Meglio la moderazione

Quando parliamo di alimenti e sostenibilità vengono subito in mente le diete vegetariane e vegane, in quanto ritenute associate ad un minor impatto ambientale rispetto alle diete onnivore. Non dimentichiamo però che in queste diete, prive in parte o del tutto di prodotti di origine animale, c’è un alto rischio di ricorrere a prodotti sostitutivi di origine vegetale che spesso sono alimenti ultra-processati, con un impatto ambientale elevato. Ad oggi, sulla base dei dati esistenti, preferiamo considerare come modello alimentare di riferimento, sano e sostenibile, la Dieta Mediterranea con il giusto quantitativo di tutti gli alimenti e dando largo spazio a quelli freschi, di stagione e locali.

1. Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Linee guida per una sana alimentazione 2018
2. Serra-Majem, L., Tomaino, L., Dernini, S., Berry, E. M., Lairon, D., Ngo de la Cruz, J., … & Piscopo, S. (2020). Updating the Mediterranean Diet Pyramid towards Sustainability: Focus on Environmental Con-cerns. International Journal of Environmental Research and Public Health, 17(23), 8758.
3. XIII Forum di Nutrizione Pratica. Verso sistemi alimentari sostenibili: ripartendo dalla tradizione.