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Ormoni e antibiotici? Non nella carne italiana!
Falsi miti
10/08/2023
3 min.
Falsi miti

Malgrado numerose smentite avvenute nel corso degli anni da parte di scienziati e autorità competenti, il mito della presenza di ormoni e antibiotici nella carne è duro a morire, e come diceva Einstein: “ è più facile scindere un atomo che spezzare un pregiudizio.” Ma vediamo perchè.

La realtà però è ben diversa: gli ormoni in Europa sono vietati da più di 40 anni

Rispetto all’utilizzo di sostanze ad attività ormonale, ad esempio, in Italia vige un assoluto divieto da più di 40 anni e, in tutta Europa, non è consentita l’importazione di carni trattate con ormoni della crescita dal lontano 1988. A conferma del totale rispetto di questo divieto, non è mai stato riscontrato un campione positivo a queste sostanze nelle decine di migliaia di analisi condotte dalle autorità competenti nel corso degli ultimi anni.

Gli antibiotici invece…
In Europa l’uso degli antibiotici è sottoposto a regole molto stringenti; infatti è ammesso l’uso degli  antibiotici solo per la cura degli animali e dietro prescrizione  medico veterinario, mentre  è vietato l’uso per scopi preventivi ( non terapeutici)  dal 2006.
Il mito però ha radici profonde: negli anni ‘50, si scoprì per caso un effetto positivo sulla crescita degli animali di bassi dosaggi di antibiotici addizionati ai mangimi, che portò a un utilizzo importante di questi farmaci nell’industria zootecnica.

Da allora però, a dispetto del falso mito diffusissimo ancora oggi, le cose sono molto cambiate e in Europa il consumo di antibiotici ad uso veterinario è sceso costantemente(1) anche grazie a un quadro normativo molto stringente e aggiornato, infatti  secondo le rilevazioni ESVAC 2022 in ITALIA la vendita di antibiotici nel periodo 2010- 2021 è  calato del  -59% , passando da 421,1 a 173,5  mg/pcu.
Nell’ultima revisione della normativa entrata in vigore a gennaio 2022(2), infatti, la comunità europea ha aggiunto alle restrizioni già in vigore anche il divieto di utilizzo di deteminate classi di antibiotici i cui principi  attivi  sono definite ad alto rischio per l’antibioitoco resistenza.
Inoltre possono essere utilizzati solo antibiotici precedentemente autorizzati dalle Autorità Sanitarie sulla base dell’efficacia, della sicurezza d’uso per gli animali e delle caratteristiche metaboliche, cioè del tempo necessario perché vengano “smaltiti” dall’animale.

Sicura e tracciata

La carne europea e in particolare quella italiana è tra le più sicure al mondo. Grazie alla presenza di oltre 4.500 veterinari pubblici,  al sistema della filiera integrata, a strumenti come la ricetta elettronica veterinaria è possibile tracciare interamente la vita degli animali e l’eventuale utilizzo di antibiotici laddove strettamente necessario (con specifica su tipologia, dosaggi, numero di trattamenti ecc.).

1. Third joint inter‐agency report on integrated analysis of consumption of antimicrobial agents and occurrence of antimicrobial resistance in bacteria from humans and food‐producing animals in the EU/EEA. (2021, June). EFSA Journal, 19(6). https://doi.org/10.2903/j.efsa.2021.6712

2. Regolamento UE 2019/6 del Parlamento Europeo e del Consiglio, (11 dicembre 2018). https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019R0006
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Sous-vide: la scienza nella cottura della carne
Cucina
31/07/2023
2 min.
Cucina

Un metodo di cottura facile da eseguire che dà risultati precisi e consistenti.
Questi sono i principali motivi della diffusione della cottura sous-vide (o sottovuoto) non solo nelle cucine dei ristoranti ma anche in quelle domestiche

Un metodo innovativo

La cottura sous vide si basa sul principio di utilizzare il calore controllato per cucinare gli alimenti in modo uniforme. Il termine “sous vide” deriva dal francese e significa “sotto vuoto”. Il processo prevede il sottovuoto dei cibi in sacchetti ermetici e la cottura a temperature costanti e controllate in un bagno d’acqua(1).

Massima precisione

La chiave di questo metodo di cottura risiede nella precisione termica(1). Utilizzando un dispositivo di cottura sous vide, comunemente chiamato “Roner”, è possibile impostare una temperatura specifica con un elevato livello di precisione anche per le apparecchiature domestiche. Questo permette di raggiungere una cottura uniforme della carne, eliminando il rischio di surriscaldamento o sottocottura.

Con effetti sorprendenti sulla carne

La cottura sous vide può produrre carni straordinariamente tenere e succose(2). A differenza dei metodi di cottura tradizionali, che spesso comportano temperature elevate che possono asciugare la carne, la cottura sous vide permette di conservare i liquidi e la morbidezza naturale della carne. Inoltre, grazie alla precisione termica, è possibile ottenere una cottura uniforme da bordo a bordo, eliminando la possibilità di zone troppo o troppo poco cotte.

La cottura sous vide ha anche un impatto sui processi enzimatici che avvengono nella carne. Durante la cottura, le proteine muscolari si denaturano, rilasciando enzimi che aiutano a scomporre i tessuti connettivi. Questo porta a una maggiore tenerezza e una texture più morbida nella carne.

Per ottenere un risultato perfetto sarà però necessaria una veloce rosolatura ad alte temperature per consentire il verificarsi della reazione di Maillard e la formazione della saporita “crosticina” sulla superficie della carne.

E maggiore sicurezza

La cottura sous vide offre anche vantaggi in termini di sicurezza alimentare(3). Poiché la carne viene sigillata ermeticamente in sacchetti, il rischio di contaminazione da batteri patogeni è ridotto al minimo. Inoltre, la cottura a temperature specifiche e controllate aiuta a garantire la distruzione dei batteri nocivi, assicurando una carne sicura da consumare.

(1) Baldwin, D. E. (2012, January). Sous vide cooking: A review. International Journal of Gastronomy and Food Science, 1(1), 15–30. https://doi.org/10.1016/j.ijgfs.2011.11.002

(2) Gil, M., Rudy, M., Stanisławczyk, R., & Duma-Kocan, P. (2022, October 27). Effect of Traditional Cooking and Sous Vide Heat Treatment, Cold Storage Time and Muscle on Physicochemical and Sensory Properties of Beef Meat. Molecules, 27(21), 7307. https://doi.org/10.3390/molecules27217307

(3) Onyeaka, H., Nwabor, O., Jang, S., Obileke, K., Hart, A., Anumudu, C., & Miri, T. (2022, March 14). Sous vide processing: a viable approach for the assurance of microbial food safety. Journal of the Science of Food and Agriculture, 102(9), 3503–3512. https://doi.org/10.1002/jsfa.11836
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Carne e salute, le nuove evidenze scientifiche assolvono la carne rossa
Nutrizione
25/07/2023
3 min.
Nutrizione

Per anni numerosi studi hanno collegato il consumo di carne rossa all’insorgenza di svariate patologie come malattie cardiovascolari o cancro.   

Quasi tutte queste ricerche però sono di tipo osservazionale e poco inclini a stabilire in maniera convincente un rapporto di causa-effetto. Tante sono inficiate da variabili che possono alterarne il risultato. Ad esempio, è possibile stabilire se chi mangia carne rossa semplicemente consuma meno verdure? O se tende ad avere uno stile di vita meno sano in generale? Magari fuma di più o fa meno esercizio fisico!   

Inoltre, molte di queste ricerche si basano su consumi dichiarati attraverso questionari alimentari e spesso le persone non ricordano con precisione cosa mangiano o, in casi limite, addirittura mentono sulla loro dieta se messe alle strette da un medico.   

Poche evidenze scientifiche, tanta confusione   

In un nuovo studio(1) senza precedenti, i ricercatori del dipartimento IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation) dell’Università di Washington hanno analizzato decenni di ricerche sul consumo di carne rossa e sul suo legame con vari esiti sulla salute.   

Lo studio ha indagato sulla possibilità di stabilire una correlazione tra l’insorgenza di sei patologie (cancro del colon-retto, cancro del seno, diabete di tipo 2, cardiopatia ischemica, ictus ischemico e ictus emorragico) e il consumo di carne, quantificando con un sistema “a stelle” (da 0, nessun legame, a 5 stelle, legame certo) l’intensità della correlazione e fornendo risultati inaspettati.   

Secondo la pubblicazione, infatti, esiste un’evidenza molto debole (al massimo 2 stelle) del legame tra il consumo di carne rossa non processata e il cancro del colon-retto, il cancro del seno, il diabete di tipo due e la cardiopatia ischemica. Non esiste invece alcuna evidenza di un’associazione tra carne rossa non processata e ictus ischemico o emorragico.   

I ricercatori sottolineano anche come ci sia una sostanziale e diffusa eterogeneità e incertezza tra i vari studi analizzati per tutti e sei i rapporti causa-effetto cosa che compromette la possibilità di stabilire un legame evidente tra consumo e insorgenza delle patologie.   

Un nuovo strumento di valutazione del rischio  

Visti i risultati e la sostanziale inaffidabilità delle pubblicazioni precedenti, lo studio propone un nuovo strumento statistico per la valutazione del rischio denominato “burden of proof risk function” grazie al quale, qualunque ricercatore, potrà valutare l’intensità del legame tra i dati pubblicati e un potenziale rischio per la salute.   

La funzione dà come risultato un singolo numero che, tradotto nel sistema di valutazione a “stelle” fornisce un dato facile da interpretare e difficilmente fraintendibile

(1)Lescinsky, H., Afshin, A., Ashbaugh, C., Bisignano, C., Brauer, M., Ferrara, G., Hay, S. I., He, J., Iannucci, V., Marczak, L. B., McLaughlin, S. A., Mullany, E. C., Parent, M. C., Serfes, A. L., Sorensen, R. J. D., Aravkin, A. Y., Zheng, P., & Murray, C. J. L. (2022, October). Health effects associated with consumption of unprocessed red meat: a Burden of Proof study. Nature Medicine, 28(10), 2075–2082. https://doi.org/10.1038/s41591-022-01968-z
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Frollatura: cos’è e quali sono i suoi benefici
Cucina
11/07/2023
3 min.
Cucina

Vi è mai capitato, in macelleria o al supermercato, di vedere dei grossi pezzi di carne con una superficie secca e annerita? Ecco! Quella è carne “frollata”.   

Il trattamento di frollatura ha lo scopo di migliorare le caratteristiche organolettiche delle carni. Si tratta di un processo di “maturazione controllata” basato su una prolungata conservazione in particolari celle frigo, che consente ai naturali enzimi contenuti nella carne di effettuare la proteolisi del collagene e delle altre proteine muscolari, con effetti di miglioramento delle caratteristiche di tenerezza e sapore. Il trattamento di frollatura richiede tempi più lunghi e tecnologie specifiche rispetto alla produzione ordinaria, in grado di assicurare il controllo costante di alcuni parametri come temperatura, umidità e ventilazione delle celle di conservazione. 

Due strade per ottenere risultati simili  

Questo processo può avvenire a secco (dry-aging) o seguendo la tecnica “umida” (wet-aging).   

Il primo caso prevede che i tagli di carne vengano maturati per almeno 15 giorni prima della commercializzazione ad una temperatura compresa tra 0,5° e + 3 C°, in condizioni di bassa umidità e alta ventilazione. Questa tecnica è indicata per tagli con una consistente copertura di grasso e una buona marezzatura (distribuzione di grasso tra le fibre muscolari) ed è anche quella più usata e diffusa in Italia.  

Per tagli più magri invece è sicuramente preferibile la tecnica del wet-aging. Questo processo prevede che le carni siano confezionate sottovuoto e conservate in celle frigorifero tradizionali. Anche in questo caso il processo può durare circa 15 – 30 giorni. 

Carne tenera e ricca di gusto   

In tutti e due i casi il risultato è un marcato intenerimento della carne che risulta anche più succulenta e digeribile. 

Durante la maturazione inoltre, il rilascio di peptidi e amminoacidi favorisce lo sviluppo di aromi complessi e gradevoli che contribuiscono a rendere la carne frollata generalmente parecchio più saporita. Per questo motivo consigliamo a chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di prodotti di scegliere carni con un periodo di frollatura relativamente breve per abituarsi al suo gusto intenso.   

 Ma in totale sicurezza  

L’aspetto poco invitante della parte più esterna del taglio non deve spaventare. L’annerimento, che avviene nel dry-aging, è dovuto ad un mix di perdita di liquidi e ossidazione degli strati più esterni della carne ma basta eliminare un paio di millimetri per ritrovare un bellissimo colore rosso acceso.   

Secondo un recente parere dell’EFSA(1) (European Food Safety Administration) inoltre, consumare carne frollata non comporta alcun rischio e, dal punto di vista della sicurezza alimentare, questi prodotti non hanno nulla da invidiare alla carne fresca.   

1)EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards), Koutsoumanis K.,Allende A., Alvarez-Ord ó ñ ez A., Bover-Cid S., Chemaly M., De Cesare A., Herman L., Hilbert F., Lindqvist R.,Nauta M., Peixe L., Ru G., Simmons M., Skandamis P., Suffredini E., Blagojevic B., Van Damme I., Hempen M., Messens W. and Bolton D., 2023. (2023), Scientific Opinion on the Microbiological Safety of Aged Meat, EFSA Journal 2023; 21(1):7745, 101 pp.https://doi.org/10.2903/j.efsa.2023.7745
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Allevamento bovino: intensivo o estensivo?
Sostenibilità
03/07/2023
3 min.
Sostenibilità

La narrazione oggi alla moda, veicolata dai media più o meno social, ci consegna un giudizio manicheo sul tipo di allevamento animale: intensivo cattivo, estensivo buono. Dove per intensivi si intendono allevamenti con animali maltrattati, stipati su superfici inadatte e in luoghi malsani, mentre quelli estensivi, per converso, si raffigurano con gli animali al pascolo (generalmente vacche all’alpeggio in splendide giornate di sole estivo) che alla nostra antropocentrica lettura sembrano “felici”. Sintetizzando, queste suggestioni ci consegnano le posizioni pregiudiziali per cui intensivo uguale prigione, estensivo uguale libertà.

In realtà, non è sempre vero che l’animale allevato all’aperto stia meglio di uno allevato in stalla, dal momento che l’allevamento al pascolo non è esente da criticità. Al vantaggio del maggior spa-zio si contrappongono problematiche connesse alla biosicurezza e al minor controllo sull’animale che questo allevamento comporta.

Prendiamo un animale in natura: certamente nel corso della sua vita (che in genere è molto breve, perché la mortalità dei giovani soggetti è più alta) incontrerà la fame, la sete, le malattie e la predazione. E un terrore continuo di essere sbranato, fatto sicuro se l’individuo è debilitato e sofferente per le cause suddette. Inoltre, un animale al pascolo non è protetto da parassiti e da agenti esterni che possono danneggiarlo, come i cambiamenti climatici, le intemperie e il freddo invernale. Risulta, quindi, chiaro come un’assenza quasi totale di controllo sulla vita dell’animale possa portare dei risvolti negativi.

Di contro l’allevamento in stalla garantisce all’animale disponibilità di cibo e acqua, un riparo sicuro dalle intemperie e permette all’allevatore di monitorare il suo stato di salute in tempo reale e di intervenire in caso di malattie.

Eventi

Natura

Allevamento

Fame

++

Sete

++

Malattie

++

Predazione

+++

Comportamento

++

+/-

Paura

+/-

Complesso

-5

+10

Tabella – Confronto fra eventi che occorrono a un animale in natura e in allevamento (i + sono punteggi positivi controbilanciati dai -).

 

L’allevamento bovino da carne è SEMI-NTENSIVO.

Nella realtà produttiva dell’allevamento bovino si può dire che l’allevamento ‘intensivo’ e quello estensivo, che sono vissuti dal consumatore come antitetici, in realtà sono spesso integrati e complementari tra loro. Questo perché, nelle prime fasi di vita del bovino, prendendo in considerazione la cosiddetta “linea vacca-vitello” in particolare durante la stagione riproduttiva, viene preferito l’allevamento “estensivo”. Il sistema “Intensivo o in stalla” invece è applicato nelle fasi più avanzate del ciclo produttivo, quando l’animale a partire dai 10 mesi, necessita di una dieta più ricca per sostenere il proprio accrescimento. Il grande vantaggio di questo sistema è di aumentare la biodiversità delle varie razze bovine e di migliorare l’integrazione fra uomo, animale e ambiente. In questo modo la carne bovina non è più un semplice prodotto alimentare, ma torna a essere l’espressione culturale di un territorio.

Non esiste, quindi, una tipologia di allevamento migliore in senso assoluto, ma deve essere effet-tuata una valutazione caso per caso per poter selezionare la soluzione più idonea.

Pulina G. (2019) - Carnipedia. Appunti per una piccola enciclopedia della carne.
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Razze bovine pregiate: conosciamole meglio
Sostenibilità
28/06/2023
4 min.
Sostenibilità

Le principali razze bovine sono Chianina, Marchigiana, Maremmana, Romagnola e Podolica.  

Conosciamo meglio queste razze! 

 

La Chianina è la terza razza italiana da carne per diffusione e, probabilmente, la più famosa nel mondo. Essa ha origini antichissime ed è allevata soprattutto in Umbria, Toscana e Lazio e, come la Marchigiana, era in origine una razza da lavoro che si è progressivamente specializzata nella produzione della carne. L’elemento distintivo della Chianina è soprattutto costituito dal suo gigantismo che la rende, probabilmente, la razza bovina più grande al mondo. Basti pensare che un maschio adulto può raggiungere 1700 Kg di peso e un’altezza di 200 centimetri al garrese. Dal punto di vista nutrizionale, la carne di Chianina è considerata la carne bovina più sana, magra e digeribile tra tutte le razze europee, grazie anche al suo ottimo rapporto tra acidi grassi saturi ed insaturi. 

 

La Marchigiana è la seconda razza italiana da carne per diffusione, allevata nella regione d’origine e lungo la dorsale appenninica verso il mezzogiorno. Come la Chianina, la Marchigiana era in origine una razza da lavoro, poi selezionata per la produzione della carne. Presenta caratteristiche morfologiche che la rendono simile alla Chianina: mantello bianco/grigio, stazza imponente e piccole corna. Gli arti sono corti, a favore di una più sviluppata massa muscolare. La carne marchigiana ha una significativa infiltrazione di grasso, il che la rende particolarmente gustosa. 

 

La Maremmana è diffusa in Toscana e nel Lazio. Come la Podolica, questa razza, più che specializzata da carne nel senso classico del termine, è considerata come razza rustica, adatta agli ambienti difficili. Ha infatti, una spiccata attitudine al pascolo che, considerata la zona di allevamento, avviene in pasturi che sorgono su substrati salini per l’antica presenza di aree paludose ormai bonificate. Si cibano di erbe spontanee che conferisce alla carne maremmana una sapidità davvero intensa. 

 

La Romagnola è la quarta razza italiana da carne, è diffusa nella regione di origine e, tra le razze podoliche, è quella che probabilmente presenta la migliore attitudine alla produzione della carne. Anche in questo caso si tratta di una razza originariamente da lavoro, per il quale era molto apprezzata, che successivamente si è specializzata nella produzione della carne. In comune con la Chianina ha alcune caratteristiche morfologiche come la dimensione ridotta della testa, gli arti sottili e il manto bianco in età adulta, ma non la mole. I bovini maschi adulti, infatti, arrivano ad un peso massimo di 1000-1200 Kg e un’altezza al garrese di circa 170 centimetri. Una caratteristica peculiare è un buon accrescimento naturale che non rende necessaria alcuna integrazione alimentare. La carne presenta una lieve marezzatura e una sapidità intensa. 

 

La Podolica deriva, probabilmente, il suo nome dalla zona di origine, la Podolia, situata nell’attuale Ucraina portata in Italia probabilmente nel 452 d.C. dagli Unni. E’ un animale rustico, con grande capacità di adattamento a terreni difficili, impervi, montuosi e collinari caratterizzato da un manto grigio. Le sue carni particolarmente gustose anche se non naturalmente morbide, hanno reso possibile un particolare impegno in merito alla valorizzazione della razza che è entrata a pieno titolo tra le razze italiane di pregio.  

 

Tre tra le razze sopra descritte, Chianina, Marchigiana e Romagnola, rientrano nella certificazione IGP del “vitellone bianco dell’appennino centrale”, che è ad oggi, l’unico marchio di qualità per le carni bovine fresche Italiane approvato dalla Comunità Europea. 

La denominazione di “Vitellone Bianco” deriva dal manto di questi bovini, appunto di colore bianco, caratteristica peculiare che permette ai bovini di ben tollerare le radiazioni solari tipiche degli ambienti pascolativi montuosi, sebbene queste tre razze siano allevate principalmente in stalla, per via delle loro elevate esigenze nutritive che ne limitano l’adattabilità ai pascoli difficili di montagna. 

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Carne rossa e dieta dimagrante? Sì grazie!
Nutrizione
21/06/2023
4 min.
Nutrizione

Tutti parlano di diete in Italia, una nazione dove le statistiche sul sovrappeso e l’obesità oggigiorno sono preoccupanti. Purtroppo, non ci sono solo gli esperti che parlano a riguardo, ma anche coloro che millantano di esserlo, generando confusione in un mondo dove i falsi miti alimentari sono all’ordine del giorno. Ed è così che dilagano le diete più strane, quelle che non hanno alcun fondamento scientifico. Si cerca sempre una scorciatoia, un alimento miracoloso che faccia dimagrire o un alimento “cattivo” da condannare, un’intolleranza infondata da cercare come causa dell’aumento di peso, che molto probabilmente è dato “solo” da un’alimentazione sregolata ed uno stile di vita sedentario.

Allora sarebbe più semplice includere un po’ di tutto nella propria alimentazione, favorendo gli alimenti freschi (cereali, verdure, legumi, carne e pesce) e limitando quelli ultraprocessati (prodotti pronti, snack, dolciumi, ecc…).

Pochi anni fa, la Harvard Medical School ha proposto un’iniziativa di educazione alimentare, disegnando il cosiddetto Healthy Eating Plate (1), cioè il piatto del mangiar sano. Questo rappresenta un piatto “ideale” perché offre alcune regole dietetiche di base che aiutano a comporre un pasto equilibrato. In sostanza, deve essere presente una fonte di carboidrati (che comprende cereali integrali come pasta e pane), una fonte di fibre (oltre che di vitamine e minerali) da frutta e verdura, nonché una fonte di proteine. Come tutti gli alimenti, anche le fonti proteiche vanno inserite in una dieta settimanale sana con buonsenso e senza eccessi, e la carne rossa non è da meno, essendo una valida fonte proteica, anche e ancor di più all’interno di una dieta dimagrante.

In merito al consumo di carne rossa e sovrappeso/obesità, i risultati di una recente metanalisi (2) estendono l’evidenza che il consumo di carne rossa non è associato al rischio di sovrappeso, così come non c’è associazione tra consumo di carne totale e obesità.

È ormai noto che le proteine della carne aiutano l’organismo a consumare più energia e favoriscono la sazietà più di altri nutrienti energetici. Infatti, le proteine sono il macronutriente che ha il maggiore impatto sulla termogenesi, ovvero sul processo di produzione di calore e di dispendio energetico dell’organismo. Le proteine richiedono fino al 30% in più di energia per essere digerite rispetto agli altri macronutrienti, producendo così un vantaggio metabolico.

La carne presenta alcune qualità che la rendono un ottimo alimento all’interno di una dieta dimagrante, tra cui l’alto valore biologico delle proteine e l’assenza di carboidrati, quindi il conseguente indice glicemico nullo.  Inoltre, contiene composti bioattivi (minerali tra cui calcio, zinco, rame e iodio, vitamine del gruppo B, carnitina e coenzima Q10) che stimolano il metabolismo.

Altro aspetto fondamentale, è rappresentato dal fatto che le proteine della carne sono tra le migliori nel promuovere la costruzione muscolare e quindi l’aumento della massa magra a scapito della massa grassa. A differenza delle proteine vegetali, che sono carenti di amminoacidi essenziali quali metionina, leucina e lisina (e questo limita il loro potere anabolico), le proteine animali sono ricche di tutti gli amminoacidi necessari alla costruzione delle proteine.

Questo è da tenere in considerazione quando si intraprende un percorso dimagrante. Dimagrire, infatti, non equivale al solo “perdere peso”, ma presuppone una riduzione della massa adiposa, favorendo al contempo il mantenimento della massa muscolare.

Rispetto alle diete a base di carboidrati, quelle ad alto contenuto proteico sono le più efficaci per aiutare le persone a perdere peso, perché migliorano accuratamente il senso di sazietà e controllano meglio l’appetito.

In conclusione, appare inutile inseguire l’ultima dieta del momento priva di alcun fondamento scientifico, le challenge che promettono di perdere 7 chili in 7 giorni e qualunque altra trovata commerciale. Accogliere e mettere in pratica le buone e sane abitudini è la scelta migliore anche per chi deve perdere peso, e tra queste non viene negata una buona bistecca di carne rossa.

1. Harvard T.H. Healthy Eating Plate. The Nutrition Source. Healthy Eating Plate | The Nutrition Source | Harvard T.H. Chan School of Public Health
2. Daneshzad E, Askari M, Moradi M, Ghorabi S, Rouzitalab T, Heshmati J, et al. (2021). Red meat, overweight and obesity: A systematic review and meta-analysis of observational studies. Clinical Nutrition ESPEN. 45, 66-74.
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Carne rossa e salute: come cuocerla al meglio
Nutrizione
16/06/2023
2 min.
Nutrizione

La carne rossa è un’importante fonte di proteine e di nutrienti essenziali, tra cui ferro, zinco e vitamina B12 

Per questo motivo è importante integrare correttamente questo alimento dalla dieta: un aspetto che ha un impatto sulla salute che spesso viene trascurato è la modalità di cottura della carne. 

Le alte temperature raggiunte durante la cottura possono favorire la produzione di sostanze nocive quali le ammine eterocicliche (o HCA, dall’inglese HeteroCyclic Amine) e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA).  

Pertanto, al fine di consumare carne riducendo i rischi derivanti da alcune tipologie di cottura, è bene prestare la giusta attenzione alle modalità di cottura e limitare a rare occasioni le modalità di cottura più “aggressive” (temperature superiori a 150-180°C, tempi prolungati, esposizione diretta della carne alla fiamma) come il barbecue e la frittura, riducendo in maniera significativa l’apporto nella dieta di molecole ad attività potenzialmente nociva. 

Allo scopo di abbreviare i tempi di cottura sulla griglia, è consigliabile ad esempio effettuare una precottura nel forno. Altra accortezza: durante la cottura al barbecue, andrebbero puliti immediatamente i gocciolamenti di grasso e la carne dovrebbe essere girata frequentemente per evitare che si bruci, oppure cuocere la carne avvolta in fogli di alluminio, limitando il rischio di carbonizzazione.  

Utile anche bilanciare il pasto con verdure ricche in carotenoidi e antiossidanti, quali pomodori e carote. 

Ultima pratica utile: la marinatura. Marinare la carne prima di sottoporla a cottura utilizzando olio di oliva, vino, succo di limone, aglio e spezie può contrastare efficacemente la formazione di composti nocivi quali le ammine eterocicliche. 

Via libera, invece, alle modalità di cottura più delicate quali la cottura al vapore, la stufatura, la bollitura

McAfee AJ, McSorley EM, Cuskelly GJ, Moss BW, Wallace JM, Bonham MP, et al. (2009). Red meat consumption: an overview of the risks and benefits. Meat Science. 84(1): 1-13. doi: 10.1016/j.meatsci.2009.08.029.

WHO-IARC. (2015). IARC Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat, 26 ottobre 2015.

Magkos F, Rasmussen SI, Hjorth MF, Asping S, Rosenkrans MI, Sjödin AM, et al. (2022). Unprocessed red meat in the dietary treatment of obesity: a randomized controlled trial of beef supplementation during weight maintenance after successful weight loss. American Journal of Clinical Nutrition. 116(6): 1820-1830. doi: 10.1093/ajcn/nqac152.

Lee JG, Kim SY, Moon JS, Kim SH, Kang DH, Yoon HJ. (2015). Effects of grilling procedures on levels of polycyclic aromatic hydrocarbons in grilled meats. Food Chemistry. 199: 632-638. doi: 10.1016/j.foodchem.2015.12.017.
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8 preziosi consigli per grigliare in sicurezza
Nutrizione
19/04/2023
4 min.
Nutrizione

La grigliata fa parte delle tradizioni locali di diversi Paesi e, per tal ragione, è importante ricordare sempre quali sono le buone pratiche per farla nel rispetto della sicurezza alimentare 

Come noto, infatti, cuocere gli alimenti con la griglia può portare alla formazione di sostanze potenzialmente pericolose che possono aderire sulla superficie degli alimenti o formarsi quando le proteine della carne reagiscono con la fiamma diretta.  

Se si griglia nel periodo estivo, alle caratteristiche della cottura si unisce anche il clima caldo, per il quale è bene prestare ancor più attenzione: i tassi di malattie di origine alimentare, infatti, tendono ad aumentare durante i mesi estivi poiché i germi crescono più velocemente in un clima più caldo e umido 

Inoltre, le persone cucinano e mangiano all’aperto, aumentando i rischi per la sicurezza alimentare, poiché spesso grigliano lontane dal sapone e dall’acqua corrente del lavello della cucina (1).  

In ragione di ciò, per poter garantire una grigliata più sicura, l’American Institute for Cancer Research (AICR) (2) e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA) (1) hanno stilato diversi consigli per grigliare con maggior sicurezza. 

I Consigli dell’AICR 

  1. Alternare diversi alimenti: non solo hamburger e bistecche, è possibile essere creativi e grigliare anche altri tagli di carne e verdure, fonte di preziosi micronutrienti.
    2. Marinare: alcuni studi suggeriscono che la marinatura della carne rossa, del pollame e del pesce per almeno 30 minuti possa ridurre la formazione di sostanze indesiderate. Per una marinatura gustosa e protettiva è consigliabile usare un mix di aceto e succo di limone o vino con olio, erbe e spezie.
    3. Precuocere: in caso di tagli più grandi, per ridurre il tempo di contatto tra carne e fiamma, è consigliabile cucinarla parzialmente in forno prima di procedere con il barbecue.
    4. Star “bassi” sia con il fuoco che con i grassi: cuocere la carne a fuoco lento potrebbe ridurre la formazione di ammine eterocicliche e di idrocarburi aromatici policiclici (i sopraccitati composti nocivi). Inoltre, è bene cuocerla al centro della griglia e voltarla frequentemente. Anche rimuovere le parti più grasse della carne può ridurre le fiammate e la carbonizzazione.
    5. Aggiungere colore alla griglia: le verdure grigliate, ad esempio zucchine, cipolle, melanzane e peperoni, sono ottime e apportano sostanze antiossidanti e protettive, oltre a fibre e micronutrienti (2). 

I consigli dell’USDA  

  1. Usare un termometro per alimenti: molte persone possono trovarsi a grigliare da sole per la prima volta. Una lezione importante per chi griglia è ricordare che il colore non è mai un indicatore affidabile di sicurezza e di cottura. Utilizzare un termometro per alimenti per garantire le temperature interne di sicurezza è dunque un’ottima strategia. Il pollame (intero o macinato) dovrebbe avere una temperatura interna di circa 74 °C; bistecche, costolette e arrosti di manzo, maiale, agnello e vitello dovrebbero essere internamente a 63°C. Per sicurezza e qualità, la carne andrebbe lasciata a riposo per almeno tre minuti prima di tagliarla o consumarla. I prodotti preparati con macinato di manzo, maiale, agnello e vitello, infine, dovrebbe avere una temperatura interna di circa 71°C.
  2. Seguire la regola dell’ora nelle giornate calde: quando la temperatura esterna supera i 30°, gli alimenti deperibili come carne e pollame, salse e insalate fredde, frutta e verdura tagliata possono rimanere in tavola solo per un’ora. Dopo un’ora, i batteri nocivi, che possono causare malattie di origine alimentare, possono iniziare a crescere. Per evitare che ciò accada, mantenere i cibi freddi e quelli caldi tali, evitando qualunque contatto tra quelli da cuocere e quelli ancora crudi
  3. Conoscere l’ambiente esterno: durante il barbecue all’aperto, assicurarsi di avere a disposizione disinfettanti per le mani o salviette umide per mantenere le mani pulite prima, durante e dopo la preparazione del cibo. Si può usare acqua calda e sapone per lavare le mani per almeno 20 secondi prima e dopo aver maneggiato il cibo. Si può usare un disinfettante per mani che contenga almeno il 60% di alcol e/o usare salviette umide a base di alcol per igienizzare taglieri o utensili.
1. Zhongming, Z., Linong, L., Xiaona, Y., Wangqiang, Z., & Wei, L. (2021). USDA Provides Food Safety Tips to Grilling Pros and Beginners.

2. American Institute for Cancer Research. (2019). Cancer Experts Issue Warning on Grilling Safety. Available at: https://www.aicr.org/press/press-releases/2019/cancer-experts-issue-warning-on-grilling-safety.html
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Redazione
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Quinto Quarto: le frattaglie da valorizzare
Nutrizione
19/04/2023
3 min.
Nutrizione

Con la definizione di quinto quarto intendiamo tutte le parti commestibili che, nel bovino, non appartengono ai tagli più nobili. Durante la macellazione, l’animale viene diviso in quattro parti per ricavarne i vari tagli, anteriori e posteriori. Nel quinto quarto rientrano, dunque, le frattaglie, che a loro volta si dividono in “frattaglie rosse”, costituite da fegato, cuore, milza, rognone (reni), polmone e lingua, e le “frattaglie bianche”, che comprendono cervello, animelle e trippa. Sembrerebbe anche che alla definizione di quinto quarto si aggiunga il fatto che le frattaglie ammontino a circa un quarto del peso della carcassa. 

Un prezioso ingrediente nella cucina moderna   

Un tempo, queste parti del bovino, appunto considerate scarti, finivano sulla tavola di chi non poteva permettersi altri tagli più pregiati e anche più costosi; oggi, invece, sono considerate una prelibatezza e le ricette che le rendono protagoniste hanno conquistato anche la cucina Gourmet. 

Seppur considerate tagli meno nobili, le frattaglie si distinguono per avere un gusto deciso e particolare, ma soprattutto ottime caratteristiche dal punto di vista nutrizionale. Il quinto quarto, inoltre, deve essere fresco e di qualità per essere consumato nel modo e nel momento migliore, tant’è che all’apparenza deve risultare di colore brillante e sufficientemente umido. 

Una storia di tradizione locale 

Ogni regione ha le proprie tradizioni e ricette. Nota a tutti, ad esempio, è la trippa alla Milanese, o ancora la coda alla Vaccinara, un secondo tipico della città di Roma, per non tralasciare i gustosi crostini di milza toscani. Anche nella cucina delle Dolomiti, viene ampiamente utilizzato il quinto quarto per ricette saporite, come arrosti e spezzatini da gustare con un bel piatto di polenta calda e nutriente 

Due ricette tradizionali a base di milza  

A proposito di cucina tradizionale, perché non provare a conoscere il quinto quarto partendo dalla milza? Vediamo insieme due regioni, due ricette e due mood diversi per gustarla! 

Crostini di milza toscani. Il crostino nasceva con l’idea, nelle famiglie più povere, di non sprecare il pane; il pane secco, infatti, veniva abbrustolito, bagnato con brodo o vino e ricoperto con carne tritata ottenuta dalle parti meno nobili degli animali, come il quinto quarto appunto. Piatto povero sì, ma molto gustoso, apprezzato anche dalla nobiltà, tant’è che i crostini di milza si confermano ad oggi uno degli antipasti più apprezzati della tradizione culinaria toscana. 

Ora chiudete gli occhi e dalla Toscana immaginatevi direttamente a Ballarò, il famoso mercato di Palermo; qui la milza diventa protagonista di un colorato street food: il pani câ meusa, il famoso panino con la milza. 

Oltre alla milza, il pane morbido contiene anche pezzi di polmone e trachea, il tutto bollito e tagliati in fette sottili, soffritti nello strutto. Il panino può essere gustato semplice, con sale, pepe e limone, oppure arricchito con caciocavallo grattugiato o ricotta. 

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